Ecco la patrimoniale: è invisibile ma ci costa 750 euro ogni anno

L'allarme della Cgia di Mestre: nel 2013 versati 41,5 miliardi di imposte sui beni. Bortolussi: «Quest'anno salirà a 44 miliardi»

S oltanto a pronunciarla mette ansia. Patrimoniale, la tassa più odiata, quella che non colpisce i redditi ma i beni posseduti e i risparmi. Che fa felice la cicala e schiaccia la formica, premia chi spende e punisce chi mette da parte. Il cavallo di battaglia di certa sinistra cosiddetta egualitaria perché, si dice, appiattisce le differenze tra le classi sociali. La tassa preferita dai tecnici perché più facile da calcolare: taglieggia i beni registrati, non i redditi dichiarati (men che meno quelli evasi).

È l'imposta suggerita dai tedeschi per i Paesi con alto debito e quella che i politici nostrano spergiurano di non introdurre mai e poi mai. Chi ha ammesso di volerla applicare, come l'ex ministro montiano Fabrizio Barca (indimenticabile la telefonata con l'imitatore di Vendola cui disse che «una patrimoniale da 400 miliardi va fatta»), è sparito. In realtà ci ritroviamo sul groppone una quindicina di prelievi dei quali sovente non ci si rende conto.

La Cgia di Mestre si è incaricata di guastarci il weekend di quello che un tempo era il «grande esodo estivo». Ha fatto i conti. E ha scoperto che il totale delle tasse patrimoniali - più o meno nascoste, più o meno vergognose - che alleggeriscono le tasche degli italiani fa impressione: 41 miliardi e mezzo di euro. Fanno circa 750 euro all'anno per ogni cittadino, neonati e nullatenenti compresi.

Sbalordisce soprattutto l'evoluzione che questi dannati prelievi hanno avuto negli ultimi anni, quelli in cui è scoppiata la crisi economica e finanziaria. Erano sostanzialmente stabili nel 2010-11, attorno ai 30 miliardi di euro. Ma con l'arrivo del governo Monti e dei suoi tecnici hanno avuto un'impennata fino a 44 miliardi. Quasi il 50 per cento in più.

È andata un po' meglio l'anno scorso, quando il centrodestra ha costretto il governo Letta a cancellare l'Imu, anche se la mazzata sull'Italia boccheggiante nella crisi è rimasta pesante: appunto 41,5 miliardi. Tuttavia la boccata di respiro sarà breve. Nella sua «operazione verità», l'efficientissimo (e benemerito) ufficio studi degli artigiani mestrini prevede che in questo 2014 del governo Renzi si ritornerà a sfiorare il picco dei 44 miliardi. Tutta colpa della già odiatissima Tasi.

«Con l'introduzione della Tasi - osserva il segretario degli artigiani di Mestre, Giuseppe Bortolussi - nel 2014 ritorneremo a pagare quanto abbiamo versato nel 2012: attorno ai 44 miliardi di euro. Si pensi che dal 1990 il gettito è addirittura quintuplicato. Le patrimoniali più onerose sono l'Imu, l'imposta di bollo, il bollo auto e l'imposta di registro: i versamenti di queste quattro imposte incidono sul gettito totale per oltre l'89 per cento».

La Cgia ha calcolato che i tributi patrimoniali sono 14. I più conosciuti tartassano gli immobili (case, capannoni industriali, terreni) e i relativi passaggi di proprietà: le imposte di registro, di bollo e ipotecaria, i diritti catastali, Ici e Imu, le tasse su successioni e donazioni, l'imposta straordinaria sugli immobili. Poi vengono i prelevi sui risparmi, i patrimoni e gli investimenti finanziari, le transazioni su titoli, i depositi bancari e i cosiddetti «scudi fiscali» sui capitali fatti rientrare dall'estero. Va aggiunta l'imposta sul patrimonio netto delle imprese. Infine non dimentichiamo il bollo auto (ma anche su camion, moto, barche, aerei) e il canone Rai, vere tasse di possesso molto redditizie per l'erario.

Ed ecco la «ricchezza» degli italiani da assottigliare. Nel 1990 gli italiani pagavano 8,2 miliardi che rappresentavano l'1,2 per cento del prodotto interno. Una prima mazzata è arrivata nel 1992 con l'Isi, il superbollo auto e soprattutto il prelievo forzoso sui conti correnti bancari deciso da Giuliano Amato: 17,5 miliardi totali. Da allora è stato un crescendo, in particolare nel 2006 e 2007: il secondo governo Prodi fece salire le patrimoniali dai 28,7 miliardi del 2005 a 32,6 e poi 34,2 miliardi.

L'ultimo governo Berlusconi ha alleggerito la pressione tributaria, poi è arrivato Monti e siamo alla tosatura odierna pari al 2,7

per cento del Pil. Il capitolo più pesante è l'Imu, che nel 2013 ha garantito alle casse dello Stato e dei comuni 20,2 miliardi di euro. Seguono l'imposta di bollo (6,6), il bollo auto (5,9) e l'imposta di registro (4,3).

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