Gli effetti dell'eurobocciatura: mutui più cari e meno prestiti

Da marzo già persi 199 miliardi. Ma che succede se l'Ue respinge la manovra? Un effetto-domino devastante

Gli effetti dell'eurobocciatura: mutui più cari e meno prestiti

Una bocciatura della Finanziaria da parte della Commissione europea avrebbe gravi ripercussioni sulla vita di tutti i giorni degli italiani. A lanciare l'allarme è l'Abi, l'Associazione banche italiane che, dai seminari di aggiornamento di Ravenna, manda un messaggio preciso a Roma: «Un aumento dello spread (ieri a 321, ndr) di cento punti si traduce in una erosione del patrimonio delle banche di 35 punti base e, di conseguenza, in una minore disponibilità e in un aumento dei costi di finanziamento e, in ultimo, in un freno alla ripresa». Quella stessa ripresa che il governo punta a sostenere spingendo il rapporto deficit/Pil al contestato 2,4% e che rischia di trasformarsi in un boomerang. In attesa del responso dell'Unione Europea sono diversi i punti interrogativi da esaminare.

Le tensioni con Bruxelles hanno un costo?

Secondo le stime della Fondazione David Hume dalle elezioni del 4 marzo gli italiani hanno perso 198,7 miliardi di euro solo tenendo conto della svalutazione, virtuale, di Piazza Affari, obbligazioni e titoli di Stato. Se si considerano anche i portafogli di Bankitalia e degli investitori esteri il conto sale a 300 miliardi. Solo nell'ultima settimana le perdite virtuali hanno toccato quota 23 miliardi (di cui 13 in Piazza Affari), 31,3 se si calcolano anche i titoli in mano a Palazzo Koch e agli istituzionali esteri. Una ricchezza enorme da sacrificare alla politica.

E per le famiglie?

Sono le famiglie le più colpite dallo scontro in atto. Sempre secondo la Fondazione, tra il 9 e il 16 novembre le famiglie hanno perso 14 miliardi (115 da marzo), mentre il valore della ricchezza finanziaria delle imprese è sceso di 5 miliardi (40 da marzo). E in caso di recessione il costo salirebbe ancora andando a toccare, prevedibilmente, anche immobili e salari.

Cosa c'entra l'eventuale bocciatura della manovra con lo spread e i mutui?

Il differenziale tra i titoli di Stato decennali tedeschi e italiani (spread), è spesso utilizzato come termometro politico del cosiddetto «rischio Paese», ovvero della fiducia riposta dal mercato nella capacità dello Stato di restituire i prestiti. Le tensioni tra Roma e Bruxelles hanno già fatto più che raddoppiare lo spread rispetto a maggio, quando si è formato il governo di Giuseppe Conte. «Fino ad oggi, non c'è stato un aumento dei tassi di interesse perché le banche avevano una riserva di liquidità e c'è stata una ricomposizione del portafoglio. Ma il livello raggiunto dallo spread rappresenta già un appesantimento per tutta la catena di controllo» spiega Antonio Patuelli, presidente dell'Abi. Un'eventuale bocciatura della manovra metterebbe il turbo al differenziale. In questo scenario i titoli di Stato detenuti dalle banche perderebbero di valore portando a una erosione del capitale degli istituti di credito e, indirettamente, a una minore disponibilità di credito e a costi di finanziamento più elevati.

Ci sono già state le prime avvisaglie?

Patuelli nega che le banche abbiano iniziato una stretta sui finanziamenti anche se il perdurare di uno spread così elevato non aiuta. «Non vedo il credit crunch e non lo vedo sui dati di consuntivo» commenta il presidente di Abi. Le ultime trimestrali tuttavia risalgono a settembre.

E per quanto riguarda i mutui?

Gli aumenti sono già iniziati: i rincari per i nuovi mutui a tasso fisso si aggirano intorno ai 15-30 punti base, mentre per quelli a tassi variabili sui 10-20 punti. E potrebbe non essere finita qui.

Uscire dall'euro risolverebbe i problemi?

«Sarebbe un'assoluta pazzia che avrebbe come conseguenza una devastazione economica» sostiene Pautelli, secondo cui «bisogna ragionare

prospetticamente sull'Europa per godere dei vantaggi della moneta unica». Soprattutto per l'Italia «che vive di esportazioni di merci e di turismo e ha un debito pubblico immane il cui aumento progressivo è stato mitigato dall'euro».

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