Suscita più di una perplessità l'introduzione, nel decreto fiscale, del carcere per i grandi evasori. Le pene dovrebbero arrivare a un massimo di 8 anni, rispetto agli attuali 6. Il minimo, ora fissato a un 1 anno e 6 mesi, passerebbe invece a 4 anni. L'imposta evasa dovrò invece essere superiore a 100mila euro (dagli attuali 150mila). «La legge sulle manette agli evasori, che aumenta le pene e amplia il perimetro delle condotte penalmente rilevanti, avrà un effetto devastante - spiega su Twitter Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato di Forza Italia - I tribunali verranno ulteriormente ingolfati e, visto il nostro sistema penale, c'è il rischio che i grandi evasori la facciano franca».
Una preoccupazione che trova una sponda più che autorevole in Eugenio Albamonte, magistrato e segretario di Area democratica per la giustizia. «Senza correttivi, ci sarà un ingolfamento totale dei processi - spiega il magistrato in un'intervista all'Huffington post -. Soprattutto in alcuni colli di bottiglia del procedimento, come il passaggio tra il giudizio di primo grado e la Corte d'Appello. Senza cambiamenti, quell'imbuto è destinato a diventare una strozzatura di qui a qualche anno». E in questo caso il futuro è quanto meno apocalittico. «Una volta disposte per legge le sanzioni penali - conclude Albamonte - bisognerà fare le indagini e poi i processi. Noi ci troviamo in una struttura che è quasi al collasso, che assolutamente non riuscirà a sostenere l'impatto del blocco della prescrizione dopo il primo grado, figuriamoci cosa può succedere se incrementiamo il carico con nuovi reati».
E i membri di Forza Italia della Commissione giustizia di Montecitorio chiamano in causa Mattarella inviando al presidente della Repubblica una lettera in cui evidenziano due «fondamentali
problemi di ordine costituzionale». Il primo sui presupposti di «straordinaria necessità e urgenza» del decreto e il secondo sullo «sconquasso nel sistema penale» dovuto proprio a questa discrepanza logica e cronologica.
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