Cronache

"Francesco ha ragione. Ma solo il mercato può battere la povertà"

Paolo Del Debbio, conduttore tv e professore di Etica ed Economia: "Dal Papa un tema giusto e una risposta sbagliata"

"Francesco ha ragione. Ma solo il mercato può battere la povertà"

Paolo Del Debbio ha studiato filosofia all'Università cattolica e alla Pontificia università della Santa Croce di Roma. Poi ha lavorato per il Gruppo Fininvest ed è stato l'anima liberale della nascente Forza Italia. Questo per dire come ben conosca le ragioni della Chiesa e quelle del mercato. Frequentando i chiostri della Cattolica e poi i corridoi di Mediaset ha capito quanto di vero ci sia nell'insegnamento di Sant'Ambrogio, per il quale la carità si fa col cuore, certo, ma anche con l'aritmetica. Cioè: bisogna cristianamente aiutare i poveri, ma poi occorre trovare le risorse per farlo. «E la ricchezza, anche per i poveri, la produce solo il mercato».

Oggi Paolo Del Debbio impartisce lezioni televisive su Rete4. Ma, da anni, insegna Etica ed economia all'università Iulm di Milano. Ecco: come si conciliano etica ed economia?

«Esistono due tipi di etica: quella interna al mercato, che in sostanza significa rispetto delle regole e della concorrenza; e quella esterna, che è l'etica dei bisogni economici, i bisogni della gente. Ma a questi devono pensare lo Stato e i pubblici poteri, o il volontariato... chiunque ma non il mercato. Ricordiamoci Luigi Einaudi: “Il mercato risponde alla domanda, non ai bisogni”. Se non hai i soldi per comprarti il pane, non è il mercato che deve rispondere...».

Va bene. Ma poi in qualche modo il problema bisogna risolverlo, e dare il pane a chi non l'ha. È questo che dice Francesco.

«Sì, certo. Ma senza dare la colpa al mercato. Non è il mercato che deve intervenire, ma semmai lo Stato. Che deve prelevare soldi dal mercato e operare un'efficiente redistribuzione delle risorse per venire incontro a chi è in difficoltà».

E questo non avviene.

«Avviene male, almeno col welfare italiano: infatti abbiamo otto milioni di poveri. Questo però non significa che la colpa sia del mercato o che il mercato non abbia un'etica. Significa solo che non c'è stata un'etica nella redistribuzione delle risorse, perché lo Stato ha re-distribuito male, con sprechi o favoreggiamenti...».

Rimane il fatto che il Papa ha posto un problema reale.

«Realissimo. Certo. E neppure nuovo. Già l' Evangelii Nuntiandi , ad esempio, poneva come problema centrale il fatto che gli ultimi della terra subiscono più di tutti i disastri economici ed ecologici della società contemporanea. Si può e si deve mettere la povertà al centro dell'attenzione politica. Ma non demonizzando il mercato. Senza mercato, che produce le risorse, i poveri non solo ci saranno sempre. Ma saranno sempre più poveri».

Il Papa non è contro il mercato tout court . Il Papa dice che questo sistema tecnico-finanziario non funziona, ed è incompatibile con una società giusta. Certo: senza banche non si può fare impresa, non si produce lavoro e profitto. Ma se le banche sono troppo potenti, se il profitto diventa non un obiettivo ma un incubo, se le ricchezze sono iper-concentrate, un problema c'è.

«Ecco il punto. Tutto vero. Ma di chi è la colpa se il mercato non è controllato? Del mercato? No. È come lamentarsi se una partita di calcio finisce in rissa perché nessuno ha chiamato un arbitro. La colpa è dei calciatori o di chi ha organizzato la partita? L'uomo non è nato buono, e gli arbitri sono necessari in ogni campo».

E chi ha dimenticato di mettere l'arbitro in campo?

«Per quanto riguarda la partita economico-finanziaria che stiamo ancora giocando, la colpa è di qualcuno che negli Stati Uniti, tempo fa, ha permesso che banche commerciali e banche d'affari concedessero crediti senza garanzie. Da lì la crisi dei subprime, il fallimento di Lehman Brothers, il disastro mondiale... Tutto perché sono saltate le regole. Però quelle regole non doveva farle il mercato, ma lo Stato. E se il potere pubblico non mette le regole, il mercato fa disastri. Questo è vero».

Infatti a me sembra che l'enciclica del Papa non sia una requisitoria contro il capitalismo, ma un appello perché gli eccessi del capitalismo siano corretti, a favore di tutti. Non è un Papa «di sinistra», è il Papa di tutti. Sbaglio?

«È un Papa, soprattutto, che ha una storia e una biografia precisa. Arriva dall'Argentina, è stato protagonista delle conferenze episcopali latino-americane, conosce i documenti di Medellín e di Puebla che mettono il povero al centro dell'attenzione teologica... Francesco è stato nelle favelas, sa cosa significa la povertà, respira il grido del suo popolo. Di certo non è un radical chic che vive in terrazza, anzi...».

L'impressione è che le sue parole siano lette in modo strumentale. Non è un ingenuo. Sa bene che il capitalismo è la peggiore forma di sistema economico esistente. Eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora...

«Eccome se lo sa. Come lo sapeva Giovanni Paolo II, il quale disse - siamo nel 1991, dopo la caduta del comunismo - che l'unica forma possibile per la redistribuzione delle risorse è l'economia di mercato. Certo, il capitalismo non è immune da peccati. Ma la maggior parte di questi errori sono stati commessi perché, semmai, c'è stato poco mercato, non perché ce n'è stato troppo ».

La sinistra usa le parole del Papa per scagliarsi contro il capitalismo selvaggio, amorale, indifferente ai poveri...

«Sì certo. È la stessa sinistra che poi al mattino, la prima cosa che fa, è vedere come vanno le borse, se hanno fruttato o no».

Io, per formazione culturale, penso ai principi della destra sociale. Sì al mercato, ma riconoscendo l'importanza dei valori solidaristici cristiani. Sì al liberalismo, ma corretto da comunitarismo... Sì all'economia di mercato, ma attenzione alle classi sociali disagiate...

«Forse c'è anche questo. Ma dietro l'enciclica ci sono le favelas sudamericane, non le teorie economiche occidentali».

Il Papa mette anche in guardia dalla politica che soggiace all'economia, e all'economia serva dei tecnocrazia.

«Non c'è dubbio. Ma il problema non sono i politici. Ma questi politici. Inetti. In Europa tolto Mario Draghi, che ha una forte visione di politica economica e monetaria, chi c'è? E in Italia? Ci sono solo ragionieri e aggiustatori, sarti che tagliano qua e là la coperta, che resta sempre troppo corta».

Quindi non lo regaliamo alla sinistra questo Papa?

«No, perché? Io riconosco l'importanza di mettere al primo posto la lotta alla povertà. Discuto solo sul metodo per risolvere il problema. Per me la povertà si combatte con la ricchezza, e la ricchezza si fa col mercato. La pianificazione dell'economia, ci ha insegnato l'Urss, non è andata benissimo...

».

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