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Grande bellezza del gioco

La coppa dalle piccole orecchie è tornata a Roma. Dopo 53 anni e con un merito grande così

Grande bellezza del gioco

La coppa dalle piccole orecchie è tornata a Roma. Dopo 53 anni e con un merito grande così. Perché quest'Italia che ha fatto del coraggio, del dominio e della bellezza del gioco il suo credo, ha meritato da cima a fondo il titolo. Arpionato da Donnarumma, d'accordo ma giunto al culmine di una marcia trionfale. Senza aver mai perso una partita, trascinati ai supplementari e capaci di mettere sotto persino gli inglesi. Mettendo il silenziatore a Wembley e ai 70mila di ieri sera. Dimenticata la vergogna del mondiale di Russia 2018, cancellata quella scena patetica del vice Ventura che chiese a De Rossi di entrare. Adesso possiamo chiamare Gigi Riva e dirgli che c'è un'altra Italia che replica la sua impresa. C'è sempre una prima volta. C'è una prima volta che questa Nazionale, reduce da una striscia senza ostacoli, saltati di slancio, impreparata alla mossa inglese, si lascia bucare dall'assalto inglese iniziale. C'è una prima volta in cui tocca finire sotto dopo un paio di minuti e risalire la china dinanzi a un rivale che non arrossisce dinanzi all'idea di rinculare tutto dietro la palla occupando ogni linea di passaggio schierandosi a mò di catenaccio. Non c'è altro modo diretto ed esplicito per chiamare quella strategia. C'è una prima volta in cui Mancini comincia a dare segni di nervosismo per le correzioni dettate ai suoi e che non risultano praticate con la necessaria precisione. Questo è il corso di perfezionamento che una Nazionale giovane e coraggiosa deve superare affrontando le più diverse disavventure prima di sentirsi attrezzata a ogni difficoltà, a ogni sviluppo di gioco e meritarsi la corona d'alloro. A un problema, come la scelta inglese di schierare 5 in linea a metà-campo, deve seguire una soluzione. E per farlo, ecco la nota a margine che spiega il comportamento degli azzurri di ieri sera a Wembley, bisogna essere rodati, preparati. È come risolvere un problema di trigonometria perciò quei 20-25 minuti di sbandamento si possono e si devono capire. Dalla cattedra della panchina Mancini detta la mossa, e là dove non riesce Chiesa, la spina nel fianco inglese, riesce la zampata di Bonucci, sintomo plastico dell'assedio azzurro. La soluzione è stata il gol del pari. Mai vista l'Inghilterra giocare così per lunghissimi tratti: i padri di quel calcio che dettarono legge ai loro tempi oggi arrossirebbero sulle tribune del tempio.

Trascinarci ai supplementari è stato un supplizio inevitabile mentre gli inglesi hanno mollato gli ormeggi, inutilmente perché la coppa è arrivata dai rigori.

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