AteneUn gran tremare per via di un possibile salto nel buio o la spacconeria di chi ha, ben nascosto, un asso nella manica? La nuova coppia dei golden boys ellenici seduti su un vulcano, il premier senza cravatta Alexis Tsipras e l'eclettico ministro delle finanze Yannis Varoufakis (che per fine maggio annuncia un piano di rientro del debito), sta facendo tremare l'Europa. Perché al di là delle uscite fuori dalle regole, del «no formal» di modi, gesti e tenute da lavoro due sono le percezioni al momento sul tavolo: il grande terrore per un crack che si avvicina sempre più minaccioso o la terza via di un salvatore della patria Ellade che impedisca il quasi default. In cassa restano pochi spiccioli, giusto quelli per pagare un altro mese di pensioni, stipendi e spese vive. E poi?
Tsipras oggi inizia da Cipro un tour che lo condurrà domani a Roma, e poi a Bruxelles, Parigi e Londra (ma non a Berlino) per incontrare nell'ordine Renzi, Mattarella, Juncker e Hollande. Varoufakis lo ha preceduto ieri, visitando a Parigi il suo omologo francese («un piacere essere qui e parlare con Michel Sapin delle riforme che vogliamo portare avanti con impegno ed efficienza, in un'Europa che cambia e che deve porre fine a questo ciclo di deflazione») e oggi proseguirà per Londra dove testerà la fiducia della City e poi in Italia ricevuto da Pier Carlo Padoan. Il vademecum è chiaro: «Non chiederemo nuovi aiuti, ma vogliamo rompere subito il circolo vizioso della dipendenza dai fondi esteri. I debiti di Atene? Vanno legati alla crescita» ha detto incontrando Sapin a Bercy.
Ma la bussola continentale segna burrasca, soprattutto dopo la surreale conferenza stampa ateniese tra Varoufakis e il numero uno dell'Eurogruppo Dijsselbloem. Mentre il greco ha annunciato di non riconoscere la troika, l'olandese dinanzi ai giornalisti si è alzato di scatto e ha stretto forte la mano al suo interlocutore sussurrandogli all'orecchio qualcosa di poco diplomatico. Una rottura, come forse nessuno si aspettava, seguita dalla irridente intervista di Varoufakis alla Bbc . Da solo dinanzi al Parlamento, il ministro è parso divertito dal ping pong, a volte anche acceso, con la giornalista inglese in studio che lo incalzava con domande precise: «Pagherete il vostro debito? Continuerete con le riforme?». Ma lui niente, non ci pensava proprio a rispondere nel merito con un sì o un no, preferendo un lungo e arzigogolato panegirico su metodi sbagliati e medicine poco adatte al malato terminale greco. È pur vero che segnali distensivi e collaborativi ad Atene sono giunti, in queste ore, da due fronti contrapposti: Washington e Mosca. Se Obama ha auspicato la soluzione condivisa del nodo greco, dalla Russia per voce del ministro delle finanze Anton Siluanov ecco pronta una linea di credito qualora il governo Tsipras dovesse bussare finanziariamente. «Mosca - ha garantito - terrebbe in considerazione la richiesta». Un passaggio che alcuni vorrebbero legare a doppia mandata alla partita delle privatizzazioni che Tsipras ha interrotto. Sembrerebbe un errore macroscopico, in un momento di scarsezza cronica di liquidità, rinunciare ai soldi freschi di infrastrutture gettonatissime come il porto del Pireo, hub mediterraneo dei containers cinesi. A meno che, come si sussurra, non ci sia già un accordo al rialzo siglato con un terzo partner e questo cambierebbe tutto. Ma ad oggi, osservando le bocce ferme così come sono ad occhio nudo, tra il pugno alzato di Alexis e le camicie a fantasia dell'ellino-australiano Yannis, è la paura di tutto il resto del continente a farla da padrone.
In Grecia invece sui social impazza la replica alle minacce della stampa tedesca con il tormentone «dracmì-souvlaky-Varoufaky». Come dire che, al centro dell'Egeo, non hanno più paura di come andrà a finire.
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