I dolori del giovane Gigino

Di Maio ha preso un partito al 34% e lo ha portato al 16%. E ora dovrà correre in Emilia e Calabria. Dove rischia la batosta

I dolori del giovane Gigino

Giovane e con la faccia pulita. Sa poco e quindi può permettersi di fare un po' tutto: ministro del Lavoro, vicepremier e infine ministro degli Esteri. Stiamo parlando di Luigi di Maio, enfant prodige del MoVimento 5 Stelle. Per lui, il passo dagli stadi agli scranni parlamentari è stato breve, forse troppo. Ma andiamo con ordine.

Marzo 2018: i grillini prendono il 32.6% alle elezioni e, dopo un tira e molla durato mesi, riescono finalmente ad andare al governo con la Lega di Matteo Salvini che aveva preso praticamente la metà dei consensi (17.3%). Nei primi mesi il M5S detta la linea all'esecutivo, ma in poco tempo Matteo travolge Luigi, che cerca di spostare il baricentro del partito a destra. E qui si registra il primo ostacolo: Di Maio si trova l'opposizione in casa (Roberto Fico e poi Alessandro Di Battista) che non gliene fa passare una e mettono la sua leadership continuamente in discussione.

Ma i grattacapi più grandi arrivano da Salvini, che prima raccatta voti su voti, incentrando tutto il suo operato sulla lotta all'immigrazione clandestina, riducendo i numeri degli sbarchi (grazie anche ai precedenti accordi portati avanti da Marco Minniti con le tribù libiche) e poi fa saltare il banco sulla Tav. I grillini non la vogliono, la Lega sì. E così il governo va con le gambe all'aria.

La crisi di agosto porta Gigino sull'orlo dell'abisso. "Non andremo mai con il partito di Bibbiano", ovvero il Pd, dice l'ormai ex ministro del Lavoro che rischia di perdere il lavoro. Bene, bravo, bis, commenta la base. Non si può stare con chi fino a ieri ti diceva - e forse non a torto - che non avevi il pedigree adatto per fare il ministro e il vicepremier. Non si può stare con i Renzi e le Boschi. Gli italiani sembrano ormai pronti a tornare al voto, ma poi arriva il contrordine compagni.

Con una piroetta incredibile Di Maio si richiama al senso di responsabilità e alla necessità per l'Italia di avere un governo stabile ed efficace, in grado di realizzare una Finanziaria degna di questo nome. Comincia a parlare con il temibile "Partito di Bibbiano" scoprendo che il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge e che i demoni di ieri sono gli angeli di oggi. Ma bisogna passare dalla base: si organizza quindi il solito sondaggio bluff e, guarda un po', passa proprio la linea voluta dai quadri grillini. Il problema è che il consenso su Internet è una cosa, quello sulle piazze un'altra. Tant'è che, a distanza di poco più di un anno, Salvini veleggia attorno al 34% mentre i grillini arrancano. Veniamo così ai giorni d'oggi.

In diretta a L'Aria che tira su La7, Di Maio afferma: "Sicuramente il MoVimento è in un momento difficoltà e lo ammetto prima di tutto io". Poi prosegue: "Dopo 18 mesi al governo e 10 anni nelle istituzioni, abbiamo bisogno di definire nuovi obiettivi e una nuova organizzazione. C'è bisogno di mettere a posto alcune cose". Ma nel frattempo è già partita la macchina per temporeggiare e tenere fuori il MoVimento dalle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria. La scusa è quella di correggere il tiro e di pensare al futuro del MoVimento, la verità è che Gigino ha paura delle elezioni.

E così viene indetto l'ennesimo sondaggio: vuoi che l'M5S non partecipi alle prossime elezioni? Gigino spera nel sì, ma vince il no e così i grillini dovranno sfidare le urne, consapevoli di retrocedere nuovamente. L'ennesimo smacco per Di Maio, il ministro di tutto. O forse niente.

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