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Con i farmaci «biosimilari» si abbatte la spesa sanitaria

Ogni giorno si parla di tagli alla sanità e di identificare modalità diagnostiche o terapeutiche che, a minor costo, mantengano la stessa efficienza. In effetti il mondo della sanità è così variegato che a volte sfugge l'attenzione alle piccole cose attuabili per aspirare a una sanità virtuosa. Come far applicare, su scala nazionale, la filosofia clinica dell'ospedale Sacco di Milano: qui i tagli alla spesa si fanno in modo ragionato; per esempio, si risparmiano migliaia di euro acquistando farmaci biosimilari al posto di quelli biotecnologici di marca (originali), così come i farmaci equivalenti a brevetto scaduto. Il direttore del dipartimento farmaceutico, Massimo Medaglia, esemplifica: «Una fiala per il fattore di crescita Filgrastim costava circa 60 euro dal fornitore originale, mentre il biosimilare che acquistiamo lo paghiamo 10 euro. L'anno scorso, solo con questo farmaco, abbiamo risparmiato ben 30mila euro, con una rudizione del costo del farmaco dell'80 per cento».

Una piccola goccia nel mare degli sperperi? Non proprio. Ecco un'altra piccola rivoluzione farmacologica contenuta nel biosimilare di un anticorpo monoclonale chiamato Infliximab che viene utilizzato in molte indicazioni cliniche tra le quali l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, la malattia di Crohn e la psoriasi. Migliaia di persone in tutta Italia potrebbero beneficiare del biosimilare di questo farmaco se non fosse che in realtà è tuttora sottoutilizzato. Molti medici non lo considerano e preferiscono usare sempre il farmaco di marca. Con una doppia ricaduta negativa: ogni cura per paziente all'ospedale costa circa il 30-38 per cento in più e siccome i soldi non sono infiniti, si rischia di restringere la cerchia dei pazienti che ne avrebbe diritto. I farmaci biotecnologici, infatti, essendo prodotti da cellule viventi e con procedure complesse, hanno un costo elevato e dunque, pur avendo rivoluzionato lo scenario di cura di queste patologie, hanno un impiego spesso limitato a causa dei loro costi.

La Lombardia, per esempio, era stata tra le prime Regioni a indire (e aggiudicare recentemente) un bando di gara per rinegoziare il prezzo di infliximab, dopo l'arrivo del suo biosimilare, favorendo così il confronto concorrenziale tra l'originale e il suo biosimilare. Ma a distanza di alcuni mesi, c'è una situazione di stallo e il lento passaggio all'opzione terapeutica a costo inferiore rischia di vanificare le potenzialità in termini di risparmio; a seguito della recente aggiudicazione della gara in questione, Regione Lombardia si aspetta un notevole incremento nell'uso del biosimilare, avendolo tra l'altro inserito tra gli obiettivi sanitari strategici per il 2015.

In effetti il farmaco biosimilare è consigliato dalle società scientifiche nei pazienti naïf, ossia in quelli che non hanno mai utilizzato prima farmaci biotecnologici, mentre viene lasciata alla decisione del singolo specialista se sostituire il farmaco originale con il biosimilare quando il trattamento è già in corso. Molti medici ritengono che il principio della continuità terapeutica di un farmaco sia inviolabile, e in questo modo, non ritengono corretto sostituire il farmaco originale con il biosimilare.

Vi sono però alcune strutture sanitarie virtuose, che confermano come - grazie alla collaborazione tra lo specialista e il farmacista ospedaliero - sia possibile coniugare qualità e sostenibilità delle cure. «Noi acquistiamo i biosimilari da quando sono il commercio - spiega Medaglia -. L'ultima molecola per l'artrite reumatoide costa in media il 35 per cento in meno rispetto al farmaco di marca. Ma non possiamo “costringere” il medico a usarlo come si fa con i farmaci generico-equivalenti per i quali la sostituzione è sostanzialmente automatica. Per normativa i biosimilari vengono inquadrati come simili e non identici all'originale e la legge stessa ne vieta la sostituibilità automatica da parte del farmacista. È un vero peccato perché dai prossimi anni saranno disponibili i biosimilari per le malattie oncologiche che farebbero risparmiare al servizio sanitario nazionale milioni di euro, ma la scelta terapeutica deve giustamente rimanere in carico al medico».

E allora, come mai i medici sono così poco sensibili nonostante i richiami ad evitare gli sprechi? Il farmaco similare non è efficace? «Il biosimilare è identico nella struttura primaria e ha superato le prove di comparabilità con il farmaco originale, dimostrando la stessa efficacia e sicurezza del farmaco di marca. Inoltre ottiene il via libera dalle agenzie del farmaco europea (Ema) e italiana (Aifa). Infatti funziona bene, i miei pazienti sono soddisfatti», spiega Piercarlo Sarzi Puttini, direttore dell'Unità operativa complessa di Reumatologia. E allora perché dilagano resistenze e timori per l'uso dei biosimilari? «In Italia ci sono centri dove si usano regolarmente, come qui al Sacco e a Brescia e in altri meno - spiega il direttore - perché, come sottolineato prima, vale il principio che la continuità terapeutica non si tocca. I miei pazienti invece sono propensi a cambiare. Certo, bisogna perdere quei cinque minuti per spiegare loro che non cambia nulla nella sostanza...».

«Alcuni medici si nascondono dietro la libertà terapeutica, mentre bisognerebbe fare uno sforzo in più di collaborazione - aggiunge Sarzi Puttini -. Se io ho un paziente che sta facendo il brand (originale) di Infliximab che mi fa spendere 15 mila euro l'anno, cerco di convincerlo a utilizzare il biosimilare; in questo modo spendo almeno il 30 per cento in meno. Questa per me è una scelta logica e che non cambia la qualità del mia terapia verso il paziente». A ciò si aggiunga, ricorda Medaglia, che è sempre presente un sistema nazionale di farmacovigilanza per i cui medici e farmacisti, con la collaborazione dei pazienti, posso vigilare sulla qualità e sulla sicurezza del farmaco, sia di marca che biosimilare.

Serve più disponibilità della classe medica che, attenzione, non vuol dire appiattimento. Sarzi Puttini avverte: «La continuità terapeutica è importante e talvolta non si può cambiare farmaco durante una terapia. Il biosimilare è ottimo, lo uso per i nuovi pazienti mentre gli habitué vanno gradualmente traghettati. Ma queste sono valutazioni mediche. I nostri politici, però, non devono imporci il risparmio a tutti i costi. Noi medici dobbiamo mantenere la libertà prescrittiva ma è necessario che il medico si impegni a risparmiare risorse ogni volta che la scienza lo consente. Solo il governo clinico può garantire la sostenibilità del sistema sanitario».

Il costo di un biosimilare utilizzato dall'ospedale Sacco di Milano al posto di un biotecnologico che ne costerebbe 60

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