Molto rumore per nulla. Nella «guerra» del Coni con l'ex governo gialloverde sulla legge di riforma dello sport la nuova puntata è quella raccontata da Repubblica e delle due lettere inviate dal presidente Malagò al numero uno Bach e al suo braccio destro James MacLeod, responsabile dei rapporti con i comitati olimpici nazionali. Un atto legittimo da parte di Malagò, come prevede l'articolo 16 della stessa Carta, che parla dell'obbligo dei membri Cio di «informare tempestivamente il presidente di tutti gli eventi suscettibili di ostacolare la Carta olimpica». Il trappolone è stato subito sminato dal Cio, corso in soccorso di Malagò. «Non è vero che ha chiesto di punire l'Italia», la posizione del Comitato olimpico internazionale. «Ho visto la lettera ed è così, nessuno può mettere in discussione la sua totale passione per lo sport azzurro», confermano i membri Cio Carraro, Pescante e Ferriani.
E per sgonfiare la vicenda basta riavvolgere il nastro di qualche mese (era il 24 giugno, poche ore dopo Milano e Cortina avrebbero ottenuto l'organizzazione dei Giochi 2026) con l'incontro a Losanna tra Bach e Giuseppe Conte. «Non so se l'Italia avrà l'Olimpiade, ma una cosa è certa: la nuova legge dello sport così com'è non va bene, almeno per il Cio», il discorso chiaro di Bach al nostro premier. Un segnale che la strada intrapresa non era quella giusta. Da qui la lettera del 6 agosto al Coni che evidenziava i punti critici della riforma con l'autonomia dello sport italiano messa in discussione.
«Un atto dovuto, non capisco il clamore», così Malagò. Difeso dal vice Chimenti («attachi incomprensibili») ma ormai al centro di una battaglia politica anche all'interno del Coni nel turbolento rapporto con Sport e Salute. Gli attacchi arrivano soprattutto da Binaghi, mai in sintonia con Palazzo H, che sta dialogando con il nuovo ente sulle fideiussioni per le Atp Finals di Torino. «Le lettere? Atto sconvolgente», ha commentato il numero uno della Federtennis che sta cercando di cavalcare il polverone. «Questo clima non favorisce lo sport in Italia e non fa bene alle federazioni», ha aggiunto Paolo Barelli, presidente della Federnuoto, da sempre uno degli oppositori del numero uno del Coni. «Lettere curiose ma c'è da valutare la diplomazia internazionale, e comunque sono distratto da altro...», così il presidente della Federciclismo Di Rocco, concentrato sull'inchiesta sul caso #MeToo portato alla luce da Il Giornale.
E le reazioni politiche arrivano soprattutto dal Movimento 5 Stelle.
«Una scorrettezza istituzionale senza precedenti fatta esclusivamente per proteggere i suoi personali interessi», le parole del deputato Simone Valente, già sottosegretario del primo governo Conte e ben a conoscenza della riforma dello sport. «Da Malagò alto tradimento, il Governo esiga le dimissioni», va giù duro il pentastellato Di Battista. Qualcuno preannuncia altre mail o corrispondenze «scottanti», ma il caso sembra già essere chiuso.
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