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I Salis usano il Colle contro il governo

La detenuta "contenta" della rapidità di Mattarella, ma il padre accusa l'esecutivo del "flop"

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Con Ilaria Salis riportata in aula in catene e con il nuovo «no» di giovedì scorso alla concessione dei domiciliari per la 39enne italiana detenuta a Budapest da febbraio 2023, cambia ancora la strategia mediatica del padre Roberto. Che in modo nemmeno troppo velato ha considerato il governo italiano responsabile dell'ultimo flop, tanto da scrivere al Quirinale per chiedere a Sergio Mattarella di «smuovere» Meloni&Co, in quanto l'esecutivo «non ha fatto quello che doveva fare». È stata la telefonata di ritorno del capo dello Stato, che ha sdoppiato le reazioni della famiglia. Soddisfatta per l'interessamento del Colle, tanto che il padre Roberto ha spiegato che anche Ilaria sarebbe «contenta e impressionata» per la discesa in campo del Capo dello Stato. E amareggiata con Palazzo Chigi, con Salis padre che se l'è presa soprattutto con il Guardasigilli, Carlo Nordio. «Quando qualcuno che ricopre una carica importante ti dice di fare A, B e C e tu fai in questo modo e poi tutto questo si rivela un buco nell'acqua, una telefonata per mostrare vicinanza mi sarebbe sembrato il minimo. Ma non è arrivata», aveva detto venerdì, dopo aver scritto a Mattarella. Poi, la replica arrivata dal Quirinale ha definitivamente separato l'approccio della famiglia Salis rispetto alle istituzioni in azione nella vicenda di Ilaria.

Ma per comprensibili che siano preoccupazione e amarezza del papà di Ilaria, proprio Mattarella ha chiarito che la strategia del Colle e del governo è la medesima. Al netto dell'apprezzabile vicinanza umana e del tempismo nella risposta, il capo dello Stato ha spiegato infatti a Roberto Salis che le sue opzioni sono limitate e soprattutto «passano attraverso il governo». Che, nonostante il no arrivato dal «solito» giudice ungherese Jozsef Sós, continua a lavorare per riportare la ragazza in Italia, deliberatamente a fari spenti e cercando di non sollevare polveroni.

Che la delicata situazione richiedesse prudenza e pazienza l'aveva già spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che in un'intervista al Messaggero ha ribadito ieri come lui e il governo stiano «facendo tutto quanto in nostro potere», condannando ancora come «indegne» le immagini di Ilaria in catene, invitando Budapest a «rispettare i diritti dei detenuti» e augurandosi, lui per primo, che «le parole del presidente Mattarella siano d'aiuto». Ma per il resto, insiste il titolare della Farnesina, «di certo non aiuta politicizzare la vicenda». E la presa di posizione di Roberto, invece, è stata inevitabilmente strumentalizzata politicamente da chi non disdegna di attaccare l'esecutivo anche per il caso Salis. Proprio Tajani evoca i movimenti nell'ombra dell'esecutivo, diplomatici e forse non solo, visto che nell'intervista il ministro rispolvera casi come quelli di Patrick Zaki o Alessia Piperno, riportati in Italia da Egitto e Iran grazie al lavoro congiunto di feluche e intelligence. Il caso di Ilaria, per Tajani, è più complicato in quanto la donna «è in attesa di giudizio». E pure l'ipotesi dem di candidarla alle europee non sembra convincere Tajani. Idea legittima, per il ministro, che però teme che l'iniziativa possa «inasprire lo scontro con le autorità ungheresi» e rendere più difficile il lavoro del governo.

Deluso, ovviamente, dalla decisione del tribunale ungherese di giovedì, ma più che mai determinato a risolvere positivamente il caso.

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