Incubo Kosovo, ucciso leader dei serbi

Oliver Ivanovic era per il dialogo, forse vittima di estremisti del suo campo

Fausto Biloslavo

Un omicidio eccellente fa rispuntare gli spettri del passato, che hanno sconvolto i Balcani. Oliver Ivanovic, «combattente» moderato dei serbi del Kosovo oramai ridotti a una riserva indiana nel nord del Paese, è stato ucciso con cinque colpi di pistola. Non è detto che siano stati gli estremisti albanesi. L'assassinio può far gioco anche agli ultrà serbi per riaprire ferite mai rimarginate e riportare i Balcani allo scontro etnico. L'obiettivo sarebbe bloccare la «normalizzazione» dei rapporti fra Belgrado e l'ex provincia del Kosovo indipendente da dieci anni. E ancora presidiata da un contingente Nato (i soldati italiani sono 538) comandato dal generale Salvatore Cuoci.

Il 12 gennaio la vittima designata aveva detto: «Temo per la mia sicurezza». L'esecuzione è avvenuta nella parte serba di Mitrovica, dove Ivanovic era diventato famoso come il «guardiano del ponte». Dopo la sconfitta serba del 1999 era lui ad organizzare le ronde sul ponte che divideva in due la città con gli albanesi.

Ieri mattina alle 8.15 si stava dirigendo da casa alla sede del suo partito, «Libertà, democrazia e giustizia», quando il killer si è avvicinato a bordo di una Opel Astra. Volto coperto e pistola con silenziatore ha sparato alla testa e al torace di Ivanovic, che non aveva vie di scampo. La vittima denunciava da tempo che la situazione a Mitrovica nord era fuori controllo. La criminalità organizzata opera impunemente. Spesso nei Balcani gli omicidi politici sono commissionati alle mafie locali.

Non è un caso che l'assassinio sia avvenuto il giorno della ripresa dei colloqui fra Belgrado e Pristina a Bruxelles sul Kosovo, che i serbi assieme alla Russia non riconoscono come Stato indipendente. La delegazione serba è tornata a casa per protesta e il suo capo, Marko Djuric, ha dichiarato: «Questo è un atto terroristico che deve essere e sarà punito». Il ministro degli Esteri, Ivica Dacic, ha aggiunto che «è un duro colpo per la stabilità della regione». Anche il presidente kosovaro Hashim Thaçi ha condannato l'omicidio eccellente, ma Ivanovic pur essendo il politico serbo più aperto nei confronti degli albanesi non era certo amato. Gli ultimi tre anni li aveva passati agli arresti con l'accusa di crimini di guerra nel 1999, che aveva sempre respinto. Una prima sentenza di condanna è stata ribaltata in appello, ma doveva sottoporsi a un nuovo processo. Nel tempo aveva perso gran parte della sua popolarità bollato come «traditore della causa serba» per il dialogo con gli albanesi e la comunità internazionale. La sua esecuzione segue le dichiarazioni della premier di Belgrado, Ana Brnabic, che ha indicato il 2018 come anno della svolta «per trovare una soluzione duratura» con il Kosovo.

Frange della chiesa ortodossa hanno gridato al tradimento officiando addirittura una messa dei defunti per il presidente serbo, Aleksandar Vui. La posta in gioco è la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo in cambio dell'ingresso della Serbia nell'Unione Europea.

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