Antonello Provenzale, direttore dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr si sente addolorato per quanto succede in queste ore in Grecia. «Addolorato ma non sorpreso».
Come mai questa situazione non la sorprende?
«Gli incendi nell'area del Mediterraneo fanno parte dell'ecosistema. In estate fa caldo. E dove è molto secco gli incendi divampano perché è naturale. Ci sono persino piante che hanno bisogno del fuoco per rigenerarsi».
Piante che aspettano di bruciare?
«Esattamente. Sono piante evolute dotate di pigne che scoppiano con gli incendi e spargono i semi per far spuntare nuove pianticelle».
Però in Grecia c'è devastazione e morti.
«Lì c'erano le condizioni peggiori che potevano annunciare un disastro. C'era un vento a 50 all'ora, una zona con molte costruzioni, vacanzieri, e il fuoco ha sorpreso la gente nel sonno».
Cosa si poteva evitare?
«Per prevenire queste situazioni di emergenza devono funzionare sia i sistemi di controllo sia di prevenzione. Sui tempi brevi va monitorato lo stato del vento e l'umidità del terreno. Gli incendi sono spesso di origine umana dolosa o accidentale, però la loro estensione dipende dalle condizione del secco del terreno e dalla presenza di legno».
E chi valuta quanto è secco un territorio?
«Ci sono misurazioni molto precise che arrivano dal satellite sullo stato di umidità del suolo e della vegetazione di ogni territorio indirizzate ai vigili del fuoco e alla protezione civile. Queste informazioni, che valgono due o tre giorni, permettono di allertare operatori e Canadair. Evidentemente in Grecia qualcosa è andato storto ma ha penalizzato la presenza di vento secco e piante molto resinose che prendono fuoco molto velocemente».
Però tutti puntano il dito sugli aspetti del cambiamenti climatici.
«Il caldo secco d'estate nel Mediterraneo non è una condizione eccezionale. Evidenti cambiamenti climatici si sentono soprattutto in Svezia dove attualmente ci sono 32 gradi e sono scoppiati numerosi incendi. E lì sono stati presi alla sprovvista tanto che anche l'Italia ha spedito di Canadair per dare una mano. È come se da noi si coprissero i laghi di ghiaccio in estate».
In Grecia dunque non c'è stata alcuna anomalia?
«C'era tanta legna secca che andava monitorata. L'area bruciata dipende molto dalle condizioni del terreno e qui interviene l'importanza delle misure di prevenzione e di controllo. Gli incendi sono più violenti se c'è molto combustibile. L'anno scorso ci sono stati incendi tremendi anche sulle Alpi perché era molto secco. Quest'anno ha piovuto molto e il terreno più umido. A volte soffocare i piccoli incendi diventa persino pericoloso».
E come mai?
«In California hanno eliminato gli incendi piccoli ma questo ha generato sempre più materiale infiammabile. E dopo il disastro di Yellowstone si è capito dopo che è meglio lasciarli i piccoli incendi, perché in natura servono, sono un elemento naturale».
E quindi la colpa è dell'uomo che ha costruito troppe case in mezzo alla natura?
«Esatto. Ecco perché in queste aree molto abitate la prevenzione è importantissima. Del resto in Grecia questa emergenza arriva dopo anni di calma sul fronte degli incendi».
Dove sono diminuiti?
«Nell'area che comprende Spagna, Portogallo, Italia, Francia meridionale, Grecia, l'area bruciata negli ultimi 27 anni è diminuita quasi ovunque del 66%. E questo grazie al miglioramento dei sistemi di controllo e prevenzione».
Ma la Sicilia brucia ancora.
«Infatti, l'eccezione riguarda la Sicilia e il Portogallo dove gli incendi sono, nello stesso periodo temporale, aumentati del 50%. E qui vanno messe sotto accusa le misure di controllo».
Avremo estati sempre più torride?
«Nel
2050 si stima che un'estate ogni due o tre possa essere come il famoso 2003 dove ci sono stati tre mesi di secco e caldo enorme. Il terreno diventa molto secco, terreno fertile per incendi devastanti di ampie dimensioni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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