Italiane morte in Erasmus Il processo in Spagna si farà

La Corte d'appello di Tarragona ha accolto il ricorso dei genitori delle 13 vittime. A giudizio l'autista del bus

Tiziana Paolocci

Tre anni e mezzo infiniti, senza mai gettare la spugna. Dopo due archiviazioni è stato accolto il ricorso presentato davanti alla Corte di Tarragona dai genitori delle studentesse Erasmus uccise il 20 marzo 2016 in Spagna.

Serena Saracino di Torino, Francesca Bonello di Genova, Elisa Valent di Venzone (Udine), Elisa Scarascia Mugnozza di Roma, Lucrezia Borghi di Greve in Chianti (Firenze), Valentina Gallo di Firenze, Elena Maestrini di Bagni di Gavorrano (Grosseto) insieme a due ragazze tedesche, una romena, una uzbeka, una francese e una austriaca avevano perso la vita alle 6 del mattino sulla AP-7, vicino Freginals, quando il pullman su cui viaggiavano con altri 44 giovani, dopo aver sbandato, aveva urtato un guardrail, finendo in un fosso. Gli studenti Erasmus rientravano a Barcellona da Valencia, dopo aver assistito alla notte dei fuochi, la celebre Fiesta de las Fallas. Nell'impatto alcuni ragazzi erano stati catapultati fuori dal bus e Il tragico bilancio, oltre alle 13 vittime, riportava 34 feriti.

Della tragedia dovrà rispondere l'autista del bus, Santiago Rodriguez Jimenez, 60 anni, chiamato a rispondere di omicidio colposo. «È giusto così - commenta l'avvocato Stefano Bartoli, legale dei familiari di Lucrezia Borghi - non potevano continuare a dirci che era stata una fatalità, è giusto che ci sia un processo dove si accertino le responsabilità». Tutti gli studenti sopravvissuti all'incidente, ascoltati nuovamente come testimoni nel corso delle indagini suppletive svolte dalla polizia spagnola, hanno confermato che l'autista manifestava segni di sonnolenza, e che da una verifica presso l'ispettorato del lavoro risultava che l'uomo non aveva rispettato i turni di riposo previsti. Jimenez inizialmente aveva ammesso di essersi addormentato. Circostanza confermata, in un secondo tempo, anche dalle consulenze di parte sulla scatola nera, che mostravano vistosi cambi di velocità, come se il guidatore avesse avuto improvvisi colpi di sonno prima dello schianto, escludendo guasti strutturali al pullman. Poi, però, il conducente aveva ritrattato la prima versione e la procura di Amposta aveva concluso che era impossibile stabilire se i freni funzionavano o meno. Così il pm aveva chiesto una nuova archiviazione. Ma i genitori delle studentesse non si erano arresi. «Nostra figlia non ce la restituirà nessuno, quello che possiamo fare è cercare di fare emergere quelle criticità che hanno portato alla tragedia», commenta il padre di Elena. Tutti i parenti delle vittime concordano sul fatto che l'organizzazione di quel viaggio presentava lacune. «Alla prima archiviazione - ricorda ancora Maestrini - si arrivò senza che il magistrato interrogasse l'autista. Ci siamo opposti ed è stata aperta una nuova istruttoria.

Jimenez venne interrogato ma diede la colpa al sistema frenante dell'autobus, quando invece la ricostruzione della polizia catalana aveva escluso qualsiasi problema ai freni. Arrivò così la seconda archiviazione alla quale ci siamo opposti nuovamente».

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