«Ci giocavo da bambina sulla spiaggia di Soussa, e adesso che vivo a Napoli ogni anno ci torno per portarci mio figlio Fadhel. Vederla insanguinata, per me è stato uno shock. Ho urlato, contro questi maledetti. Ho pianto, per questi cervelli malati che usano la parola Islam per coprirla di vergogna».
Quel grido M'barka Ben Taleb l'ha trasformato in supplica, durante lo spettacolo per il Premio Ischia internazionale di giornalismo, nella piazzetta di Lacco Ameno. E davanti alla cupola di una bianca chiesetta isolana l'artista tunisina ha alzato la sua preghiera in arabo, cantando, con l'accompagnamento del suo tamburo tribale: «Allah, concedici la pace, l'amore che nutre l'uomo come l'acqua». Poi, fieramente, ha ripetuto più volte: «L'Islam non è quello dell'Isis, l'Islam è pace».
La definiscono «cartaginese-napoletana» M'barka, perché da 28 anni entra nelle case italiane con la sua voce che modula originali contaminazioni musicali tra le due culture. Ha iniziato con la radio, insieme a Edoardo Bennato. Poi John Turturro l'ha voluta nel suo film Passione nel 2010, tre anni dopo in Gigolò per caso con Woody Allen e Sharon Stone. Ora è un po' italiana, suo figlio lo è a metà, ma le sue radici sono là, oltre il mare di Tunisi.
«Venerdì mattina - racconta - ero un po' spossata, come sempre per il digiuno del Ramadan. Dopo le faccende domestiche mi sono buttata su un divano, ho acceso la televisione e il mio cuore è andato in pezzi. Non volevo crederci, quando ho sentito dell'attentato di Soussa e degli altri tre insieme. Subito ho telefonato a mia madre a Tunisi. Mi ha detto che si sono chiusi in casa, che non si fidano più di nessuno, che ormai si chiedono sempre se hanno al fianco un terrorista. Poi ho parlato con mio zio che sta proprio a Soussa e lavora nel turismo, per l'associazione degli alberghi. Mi ha detto: stavolta siamo morti. I turisti scappavano e arrivavano i militari sulle spiagge. Tre mesi fa l'attentato al Bardo, un museo che per noi è luogo sacro e custode della nostra storia, ci ha buttato a terra. Ma ora che ci stavamo rialzando ecco che i terroristi ci costringono di nuovo in ginocchio».
Chi sono questi uomini dell'Isis, per voi?
«Dei nemici, che giocano sporco con la religione. Infatti, anche stavolta hanno ucciso anche dei musulmani, ma parlano di Jihad e di Corano. Li abbiamo visti uccidere nelle moschee, questa è la prova della loro fede distorta. Nel nostro Libro si dice che Dio è di tutti, che chi non crede in Gesù e nella Madonna non crede in Maometto. Io ho due nipoti che si chiamano Maria e Giuseppe, in tanti Paesi arabi per secoli le diverse religioni hanno convissuto pacificamente. Mi viene in mente Hitler e le stragi, lo sterminio che ha compiuto».
Per lei sono solo pazzi?
«Sono fanatici sanguinari. Questi terroristi vogliono dividere i popoli, indebolirli per dominarli. E dietro a quelli che davvero ci credono, che hanno subito il lavaggio del cervello, ci sono menti pericolose. Non possiamo consentire che vincano. Dobbiamo reagire, ma tutti insieme. Il mondo si deve unire, per scovarli e fermarli. E l'Italia, che è nostra sorella, può far molto oggi per sostenere la Tunisia e consentirle di rialzarsi dopo queusto nuovo colpo».
Per l'Europa e il mondo la Tunisia è diventata il simbolo di una possibile via democratica e moderata per i Paesi musulmani, dopo la Primavera araba. Ma adesso, c'è ancora speranza?
«Il nostro è un Paese piccolo, che ha bisogno di sostegno, ma ha il suo orgoglio. È sempre stato tranquillo, altrimenti non lo avrebbero scelto per le sue vacanze uno come Craxi e tanti altri personaggi importanti. D'altronde, è stata più volte colpita la Francia, ben diversa da noi, grande potenza. E Paesi musulmani come il Kuwait e la Somalia.
È un attacco complesso, che richiede grandi alleanze per contrastarlo. Io sono molto credente, anche se non praticante e penso che quando è arrivata la nostra ora bisogna accettare la volontà di Allah. Ma non è la sua mano che agisce quando si tratta degli uomini dell'Isis».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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