«Sia la Ue che gli Stati membri possono raggiungere i loro obiettivi rispetto alla Cina solo nella piena unità». L'Europa, in ritardo, si accorge che nei rapporti con la Cina molti fra i paesi membri hanno preso una strada autonoma, indipendente dalle indicazione della Commissione ed ora che l'Italia sta per firmare il Memorandum d'intesa con la Cina sulla Belt and Road Initiative Bruxelles richiama i partner all'ordine e ricorda che questo documento verrà valutato dalla Commissione Europea «sulla stessa base» di quelli firmati da altri Paesi. A presentare le conclusioni sulla Cina il vicepresidente della Commissione Europea Jyrki Katainen, che ha ricordato che anche per la Belt and Road Initiative valgono le stesse norme che la Ue rispetta sulla concorrenza, sulla trasparenza e l'apertura delle gare d'appalto. Nella comunicazione approvata dal collegio dei commissari si ribadisce che «né l'Ue né alcuno dei suoi Stati membri possono raggiungere con efficacia i propri scopi con la Cina senza che ci sia una piena unità». Eppure sono già 13 i paesi che hanno sottoscritto un Memorandum: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. A gettare acqua sul fuoco il ministro dell'Economia, Giovanni Tria che parla di una tempesta in un bicchier d'acqua. «Si sta facendo credo una gran confusione sul Memorandum che non è un accordo», assicura.
Ma la Commissione è stata molto chiara su un punto. La Cina è sì «un partner strategico in alcuni settori» ma prima di tutto resta «un concorrente economico e un rivale politico». Insomma no alle trattative individuali con il gigante cinese: le relazioni vanno regolamentate perché l'Unione Europea deve salvaguardare «l'economia di mercato e i nostri valori» difendendo «le nostre regole sulla trasparenza e la concorrenza». Non si può ignorare la questione del rispetto dei diritti umani in Cina o sorvolare sull'impatto sociale ed ambientale degli eventuali investimenti economici in Ue.
Non è certo una sorpresa ma l'intesa Italia- Cina non piace neppure a Donald Trump. E dagli Usa tocca al segretario di Stato, Mike Pompeo, mettere in guardia il nostro paese sulle gravi conseguenze che potrebbe avere l'accordo con la Cina. Attraverso un suo portavoce Pompeo avverte: «Gli Stati Uniti esortano l'Italia a vagliare con attenzione gli accordi sugli scambi, sull'investimento e sugli aiuti commerciali per essere certi che siano economicamente sostenibili, operabili in base ai principi dell'apertura e dell'equità del libero mercato, nel rispetto della sovranità e delle leggi».
L'idea che Pechino stia progressivamente assumendo una posizione dominante in Europa non può piacere agli Usa che vedono ridurre la loro influenza sul vecchio continente.
«Ci preoccupano l'opacità e la sostenibilità della Belt and Road Initiative», ha dichiarato Pomepo all'Agi lanciando un monito finale all'Italia affinché mantenga la sua «sovranità».Anche Confindustria è cauta sull'accordo con la Cina: va fatto ma senza procurare strappi con l'Europa o con gli altri partner commerciali, in riferimento proprio agli Usa.
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