Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Facebook parla di crimini di guerra che passeranno alla storia», che «saranno ricordati per i secoli a venire». Di certo l'assedio di Mariupol è una vergogna quasi biblica, un catalogo assortito di orrori.
Mariupol è (ma forse dovremmo dire era) una città di mezzo milione di abitanti, la decima più grande del Paese, nell'oblast' di Donetsk. E resterà nei libri di scuola come Stalingrado, come Vukovar, come Coventry tra le città martiri della guerra. Da settimane è sottoposta a bombardamenti angoscianti di giorno e di notte, che hanno provocato migliaia di morti, a incessanti attacchi via terra, via cielo, via mare (ieri quattro navi hanno colpito la città). Centinaia di migliaia di persone sono intrappolate, perché cercare di fuggire è perfino più pericoloso di restare dentro rifugi di fortuna ad ascoltare i muri tremare per le esplosioni.
A Mariupol sono state scritte alcune delle pagine più tristi del conflitto. Come quella della donna incinta sporca di sangue e portata via in barella dalle macerie dell'ospedale pediatrico di Mariupol appena bombardato che i russi avevano accusato di essere un'attrice, ma che dopo qualche giorno è morta assieme al suo bimbo mai nato per le fratture al bacino e all'anca. A Mariupol le truppe russe hanno anche preso in ostaggio quattrocento persone tra dipendenti e pazienti di un ospedale impedendo a chiunque di fuggire e sparando su chi provava a farlo. Il nosocomio è diventato la base per i bombardamenti che spesso prendono i di mira anche i convogli che percorrono i corridoi umanitari. Tutto questo in spregio alla Convenzione di Ginevra, che impegna al rispetto e alla tutela degli ammalati anche in guerra. Poi c'è stato il bombardamento contro un teatro d'arte drammatica che era stato convertito in rifugio per centinaia di civili in una zona residenziale, con i russi che hanno continuato a sparare impedendo di fatto i soccorsi dei feriti, e sabato sera è stata bombardata una scuola dove avevano trovato rifugio circa 400 persone. Sotto le macerie sono rimaste donne, bambini e anziani.
Chi sopravvive lo fa in condizioni sopaventose, senza cibo, senza acqua, senza medicine, senza riscaldamento. Secondo il vicesindaco di Mariupol, Serhei Orlov, il 90 per cento degli edifici in città è distrutto o è danneggiato. «Le infrastrutture sono quasi inesistenti e i residenti soffrono per la mancanza d'acqua, hanno sciolto la neve, raccolta nelle pozzanghere e scaricata dalle batterie».
E a chi riesce a fuggire spesso va anche peggio.
Secondo il Kyiv Independent molti residenti della città vengono obbligati a trasferirsi in Russia: «I civili verrebbero portati in campi dove i russi controllano i loro cellulari e i loro documenti per poi deportarli verso città remote della Russia». Ieri una petizione lanciata da una donna che ha la figlia a Mariupol su Change.org per evacuare la città ha raggiunto le 306mila firme.
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