Trenta giorni di tempo per provare, documenti alla mano, di essere i legittimi proprietari di quell'appartamento o quel pezzo di terra. Peccato che 10 milioni di siriani vivano sfollati lontano dalle loro città d'origine, emigrati in altre zone del mondo o momentaneamente sistemati in campi profughi in altre zone del Paese. E, quindi, verosimilmente impossibilitati a fare ciò che richiede la legge emessa a inizio aprile dal regime di Bashar al-Assad. Il nuovo «decreto numero 10» vuole infatti che le amministrazioni locali delle zone più colpite dalla guerra civile che va avanti dal 2011, e soprattutto intorno a Damasco, ri-registrino le proprietà private site sul proprio territorio. Se il titolare non è presente, l'immobile o il terreno viene ceduto allo Stato.
«Questa legge servirà al regime per togliere agli oppositori politici i loro beni e per consolidare la propria base di consensi ripopolando le aree strategiche con persone fedeli - ha detto Maha Yahya, direttrice del centro di ricerca sul Medio Oriente «Carnegie» di Beirut, Libano, al quotidiano inglese The Guardian - Per i rifugiati, considerati dal regime dei traditori, questo aumenta il rischio di un esilio permanente». Precedenti ci furono proprio nella capitale libanese, dove dopo la fine della guerra civile il governo tentò con una legge simile di guadagnare terreni, e in Israele ai danni delle proprietà palestinesi.
Per
ora l'unica reazione è arrivata da Berlino: secondo il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, il ministro degli Esteri Heiko Maas si sarebbe detto «molto arrabbiato» per il decreto che coinvolge i siriani «su larga scala».
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