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Letta arruola Landini e 16 nomi in segreteria Bersani: non torno al Pd

Il nuovo leader accontenta tutte le correnti, ripescati Boccia e la Zampa. Pace con Calenda

Letta arruola Landini e 16 nomi in segreteria Bersani: non torno al Pd

I l dialogo con la Cgil e anche la pace con Calenda, le avance inviate dalla vecchia sinistra di Bersani e la costituzione di una segreteria «unitaria», ossia con tutte le correnti dentro, ex renziani inclusi.

Il neo leader dem Enrico Letta sembra avere idee piuttosto chiare su cosa fare per allontanare il Pd dal ciglio del burrone. Burrone ben descritto dai sondaggi in circolazione: l'ultimo, realizzato da Euromedia, vede i dem quarto partito dopo Lega, M5s e FdI, e solo al 16,3% dei consensi.

Se con la scelta dei due vicesegretari, e in particolare di Irene Tinagli, Letta aveva fatto di testa sua, privilegiando il merito rispetto alle «quote rosa» o appartenenze correntizie, sul resto della segreteria ha dovuto ovviamente concedere qualcosa a tutte le diverse anime del partito. Tutte, dalle varie sinistre ai post renziani. Otto donne e otto uomini, alcuni esterni come l'ex ct della nazionale di basket Berruto allo Sport. Alcuni esclusi dal governo, come l'ex ministro Boccia, l'ex viceministro Misiani, l'ex sottosegretaria Sandra Zampa. Per Base riformista ci sarà Enrico Borghi, ex renziano ma anche ex collaboratore di Letta. Ora si apre anche la partita dei capigruppo, ma difficilmente Letta forzerà la mano contro Graziano Delrio alla Camera e neppure contro l'ex renziano Andrea Marcucci al Senato, che gode di una maggioranza forte dentro il gruppo. Ci ha provato l'orlandiano Benifei, capogruppo all'europarlamento, a mandare un segnale a Marcucci (odiatissimo dagli ex Pci) annunciando le proprie dimissioni prima della riunione del gruppo con Letta. Ma il capo dei senatori ha spiegato: «Mi dimetto solo se mi sfiduciano o se me lo chiede il segretario». Resta da vedere che farà quindi

Nel frattempo, ieri, il segretario ha incontrato il capo della Cgil Landini (ma nei prossimi giorni incontrerà tutti i rappresentanti delle parti sociali), definendo «fondamentale» il ruolo dell'intermediazione sociale «dopo la sbornia della disintermediazione». Ma ha anche incontrato Carlo Calenda, che ha lasciato il Pd formando Azione e che si è da tempo candidato a sindaco di Roma. Finora il Pd zingarettiano aveva fatto muro contro di lui, cercando di spingerlo a retrocedere. Letta invece ha scelto di ricucire i rapporti, e di trovare una base di iniziativa comune. Calenda ha dato subito atto della svolta in positivo, sottolineando la «piena sintonia» sul sostegno al governo Draghi e l'intenzione di darsi insieme «un'agenda riformista». La partita romana resta per ora in stand-by, ma il segretario del Pd ha implicitamente riconosciuto a Calenda un ruolo da player fondamentale. E probabilmente di amministrative si è parlato anche nel colloquio col presidente della Camera Fico, potenziale candidato a Napoli.

Intanto dalla vecchia Ditta Pierluigi Bersani prova a dettare la sua ricetta a Letta: fare «una cosa nuova», che poi è nuova fino a un certo punto: una sorta di Ulivo grillino con Pd e Leu a fare i Ds e i 5Stelle di Conte a fare la Margherita. In ogni caso, rassicura Bersani, «non torneremo nel Pd, Letta ha già troppi problemi». In verità, nel Pd gli ex fuoriusciti di Leu non tornano per un altro motivo, più concreto: finché restano fuori, hanno diritto a fare gruppi parlamentari, con relativi capigruppo, e ad avere posti nel governo (il ministero della Sanità con Speranza, la sottosegretaria Guerra alle Infrastrutture).

Poi si vedrà.

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