La legge di Bilancio per il 2019 dell'Italia «era basata su previsioni economiche più ottimiste, su una crescita dell'1% quest'anno: ora sappiamo che la nostra previsione economica d'inverno era solo dello 0,2% e potrebbe anche essere più bassa», quando le previsioni verranno aggiornate nel prossimo maggio. La Commissione europea deve «naturalmente vedere quali implicazioni» la frenata dell'economia italiana nel 2019 «avrà per il bilancio». Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrosvskis, ieri a Bucarest ha tirato un primo bilancio della situazione italiana ricordando che «quando abbiamo discusso con le autorità italiane c'erano le cosiddette clausole di salvaguardia per 2 miliardi, che congelavano alcune spese», clausole che «nelle circostanze attuali dovrebbero essere attivate, normalmente».
In buona sostanza, una delle precondizioni per l'ok di Bruxelles alla manovra gialloverde nello scorso dicembre dovrebbe essere fatta valere nel breve termine dall'esecutivo europeo, cioè già a partire dalla stesura del Def cui si sta dedicando il ministro Tria.
Ma quanto costerà all'Italia evitare l'apertura di una procedura d'infrazione per debito eccessivo? Il titolare del Tesoro per l'anno in corso spera di fermarsi a quei 2 miliardi di tagli alle spese dei ministeri (1,2 miliardi relativi proprio all'Economia). Le bozze del Def già la danno per scontata in quanto le stime di crescita 2019 vengono ridotte allo 0,2% da +1% con un deficit/Pil che dovrebbe attestarsi al massimo al 2,4 per cento. Il peggioramento del saldo strutturale viene indicato in un solo decimale di Pil a causa della frenata dell'economia globale indotta dal rallentamento del commercio e dall'impantanamento del quadro macroeconomico tedesco.
Una lettura che pure il falco Dombrovskis pare condividere anche in virtù delle imminenti elezioni europee. «Il messaggio da parte della Commissione è che è importante che nel Def l'Italia preveda di rimanere almeno complessivamente conforme agli obblighi previsti dal Patto di stabilità», ha affermato il vicepresidente aggiungendo che il ministro Tria «ha assicurato che queste sono le intenzioni del governo italiano». In analoghe situazioni passate i toni utilizzati erano stati ben più duri e questo lascia ben sperare per l'anno in corso. La differenza tra quei 2 miliardi e una stangata che potrebbe complessivamente arrivare a circa 10 miliardi di euro si chiama «recessione».
Il problema, infatti, è l'effetto di trascinamento negativo di un eventuale calo del Pil. Nelle stime del Tesoro questo dovrebbe essere evitato grazie al combinato disposto di dl Crescita e sblocca cantieri (l'impatto di quota 100 è addirittura negativo nel 2019) e portare il prodotto interno lordo allo 0,7% l'anno prossimo (dall'1,1% in manovra). Ma se arrivasse la recessione questo disegno salterebbe. Anche la correzione di uno 0,2% del deficit strutturale (al netto della congiuntura) non sarebbe più sufficiente. Dunque a questi 3,4 miliardi potrebbe essere necessario aggiungerne altri. Ad esempio, se si concretizzasse la previsione Ocse (-0,2% nel 2019 e +0,5% nel 2020), è chiaro che un altro 0,2-0,3% di correzione andrebbe messo in conto, cioè 3,4-5,1 miliardi che farebbero salire il conto a 10 complessivi.
Come recuperarli è il dilemma.
Ci sono i presupposti per una mini-stangata come l'aumento selettivo dell'Iva (nel 2020 le clausole di salvaguardia ammontano a 23 miliardi) o per una mezza retromarcia sulle due misure bandiera (8 miliardi ciascuna). Non a caso il viceministro dell'Economia, Laura Castelli, ieri ha ricordato che quota 100 è «transitoria». Perciò può saltare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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