Comunque vada sarà un salasso. La Brexit, sempre che il prossimo 29 marzo diventi operativa, è già costata un patrimonio ai sudditi della regina Elisabetta II. A due anni e mezzo dal referendum del 23 giugno 2016 che ha messo in discussione l'Unione Europea con la richiesta del Regno Unito di attivazione dell'articolo 50 del Trattato per l'uscita dal perimetro della Ue, la crescita economica inglese, esplosiva negli anni precedenti al referendum, ha rallentato considerevolmente (il Prodotto interno lordo che nel 2016 aveva messo a segno un rialzo dell'1,8%, nel 2017 si è fermato a un più modesto +1,7% mentre nel primo semestre del 2018 si è scesi all'1,3%). I l costo della vita, al contrario, è aumentato (l'indice dei prezzi al consumo è passato dall'1,9% di giugno 2016 al 2,1% circa di novembre dopo il 2,7% di agosto), e la sterlina ha perso terreno rispetto alla valuta comune (il cambio euro sterlina è passato da 0,73 del gennaio 2016 all'attuale 0,89). Gli economisti di Ubs per di più hanno calcolato che il Pil britannico (2mila miliardi di sterline o 29.646 sterline il Pil pro capite) è del 2,1% inferiore rispetto a quello che sarebbe stato il prodotto interno lordo in assenza del voto per la Brexit. Non solo. A giudizio degli esperti, gli investimenti sono del 4% più deboli rispetto a quelli che si sarebbero avuti senza il referendum del giugno del 2016, l'inflazione è dell'1,5% più elevata e consumi dell'1,7% più deboli. Secondo uno studio di Ernst Young, i capitali dei Paperoni e degli istituti finanziari hanno già iniziato a prendere il largo dalla City: ben 800 miliardi di sterline, mille miliardi di euro circa, (il 10% del patrimonio totale gestito dalle istituzioni finanziarie londinesi), sono stati spostati in questi ultimi mesi verso lidi alternativi.
E potrebbe anche andare peggio per Londra, non solo per il costo del divorzio che Bruxelles ha calcolato in 50 miliardi di euro. Secondo alcune stime elaborate dal ministero dell'Economia inglese, il Paese, è destinato a perdere il 3,9% del Pil entro 15 anni a causa della Brexit e, in caso di mancato accordo con Bruxelles, la contrazione raggiungerebbe il 9,3%. In valori assoluti il conto sarebbe compreso tra i 60 e i 200 miliardi di sterline.
La bocciatura di Westminster sull'accordo di uscita dall'Unione Europea potrebbe aprire la strada a un piano alternativo (ma la May avrebbe pochi giorni per presentarlo), all'uscita di Londra dalla Ue senza accordo o, all'estremo opposto, a un ripensamento della Gran Bretagna.
La Corte di Giustizia europea ha infatti stabilito che Londra ha diritto di revocare unilateralmente (senza il consenso degli altri Paesi) la richiesta di Brexit. A complicare la situazione concorrono tuttavia le prossime elezioni europee entro cui Londra deve comunque prendere una via precisa.
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