Un «matrimonio di convenienza» con 61 milioni di buone ragioni. Il tentativo di ingresso dei grillini nell'Alleanza liberal-democratica europea (Alde), usando la metafora del Guardian, si spiega infatti con la necessità di non perdere i finanziamenti che il Parlamento europeo ai singoli gruppi che lo compongono. Questi ultimi, in base agli stanziamenti previsti per il 2017, ammontano a 61 milioni di euro, cioè 81mila euro a parlamentare.
Si tratta, ovviamente, di una media perché se gli eurodeputati non si iscrivono a nessun gruppo, le risorse erogate sono inferiori. Insomma, non è un caso se gli M5S, che a Bruxelles sono 17, hanno bussato alla porta di Guy Verhofstadt perché c'erano soprattutto circa 1,3 milioni di euro da mettere al sicuro. Basta fare due conti: in base alle stime di Openpolis il Partito popolare europeo e i Socialisti & Democratici, i due gruppi più numerosi, hanno portato a casa nel 2014 oltre il 60% dei finanziamenti (circa 36 milioni) pur rappresentando il 55% dei parlamentari. Di qui l'importanza dell'Alde, terza compagine per consistenza numerica, per i grillini.
Se il freddo calcolo può più della politica e degli ideali spesso sbandierati da Grillo e soci, è perché gli oltre 1,7 miliardi di bilancio del Parlamento europeo sembrano fatti per indurre in tentazione. Ad esempio, ben 31,9 milioni di euro sono stanziati per il finanziamento dei singoli partiti politici europei. Questi ultimi sono (entità diverse rispetto ai gruppi che si formano a Strasburgo e Bruxelles. Ad esempio, il Ppe è un partito a sé stante con un bilancio di 4 milioni provenienti proprio dall'Europarlamento. Altri 19 milioni sono invece elargiti alle fondazioni politiche che si occupano d'Europa. I grillini hanno dichiarato di aver rinunciato ai 3,2 milioni che spetterebbero in base a questi due capitoli di spesa, ma non ai denari che consentono a ciascun parlamentare di svolgere attività politica.
Eppure, il singolo parlamentare ha uno stipendio di tutto rispetto. Le sole indennità costano oltre 190 milioni, il che si traduce in 252mila euro annui a testa per parlamentare, cioè circa 21mila euro al mese cui poi si aggiungono altre facilitazioni per i mezzi di trasporto e per gli assistenti parlamentari. Volendo, il singolo eurodeputato può mettere da parte a sufficienza per cercare di organizzare al meglio la propria attività politica. Se M5S in un anno di attività tra Bruxelles e Strasburgo nel settembre 2015 ha «restituito» ai cittadini - secondo la prassi consolidata del grillismo - solo 263mila euro (1.300 euro al mese a deputato), questo significa che i soldi destinati ai gruppi parlamentari sono fondamentali perché gli eurodeputati da soli non potrebbero propagandare il verbo di Beppe. Tuttavia occorre ricordare che il Parlamento europeo ha circa 6.800 dipendenti che costano 638 milioni, mentre altri 9 milioni se ne vanno in consulenze. O forse Bruxelles funziona come Roma e allora sarebbe un altro discorso.
E, in fondo, tutta questa vicenda insegna che i grillini sono parte integrante della «casta» rispetto a cui hanno sempre dichiarato di essere alieni perché hanno cercato di consolidare il budget tramite un passaggio di gruppo fingendo che si trattasse di un escamotage per realizzare
meglio i loro programmi, come ha dichiarato il loro leader. Il M5S, pertanto, dovrà cominciare ad adottare toni differenti contro il centrodestra e il centrosinistra. Da ieri ha dimostrato di essere uguale a tutti gli altri.
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