«D opo aver riflettuto a lungo, ritengo che l'autorizzazione a procedere debba essere negata». Matteo Salvini in mattinata dalle colonne del Corriere della Sera mette in chiaro di essere contrario a un via libera del Parlamento a un processo nei suoi confronti in quanto la sua azione è stata «a tutela di un interesse dello Stato costituzionale».
L'affondo è di quelli pesanti e ha conseguenze politiche importanti. Il tribunale dei ministri ha indagato il titolare del Viminale per sequestro di persona aggravato dopo quanto accaduto con la nave Diciotti. Questa mattina il caso Salvini approderà all'esame della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato e dalle parole si passerà ai fatti: voto previsto tra 15 giorni. La mossa della Lega di fatto ha mandato in corto circuito i meccanismi ben rodati e scolpiti nella pietra dei Cinquestelle, divisi tra solidarietà di governo e fedeltà alla linea giustizialista. E ora si va verso un delicato banco di prova per il governo Conte.
I pentastellati vivono questo passaggio con evidente imbarazzo. Luigi Di Maio sposa la linea del sostegno all'altro vicepremier del governo Conte. Gli uomini vicini a Roberto Fico preferirebbero un approccio coerente con la storia del movimento. E Alessandro Di Battista ha ammesso che «non è facile per M5S votare contro l'autorizzazione a procedere perché non l'abbiamo mai fatto», definendo «avvilente che la questione immigrazione ruoti attorno a una nave con 40 disperati». Inizialmente era anche circolata una ipotesi di astensione, ma è chiaro che la Lega non avrebbe accettato un atteggiamento pilatesco perché «tutto il governo deve sentirsi chiamato in causa». In serata è lo stesso Conte a definire la questione: «La linea politica è del governo, se l'avessi ritenuta illegittima sarei intervenuto». Linea ribadita da Beppe Grillo, durante il suo spettacolo a Milano: «Il reato è di tutto il governo. Stasera dobbiamo autodenunciarci tutti perché siamo tutti colpevoli».
I grillini scelgono dunque di preparare il terreno con una serie di dichiarazioni, sottoscritte ad esempio da Giulia Grillo e Danilo Toninelli, con cui si mette in chiaro che la decisione sulla Diciotti fu una decisione collegiale e come tale condivisa dall'intero esecutivo. Luigi Di Maio - che sul caso della nave bloccata per cinque giorni nel Porto di Catania ha sempre appoggiato la linea Salvini - ha anche incontrato in serata i senatori Cinquestelle membri della Giunta per illustrare la posizione ufficiale.
Il voto non è così scontato. La Lega, ovviamente, respingerà - sia in Giunta che in Aula - la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini e lo stesso faranno Fi e Fdi. Nell'organo deputato a decidere sull'immunità, però, sono sicuri solo otto voti contrari su 23: quattro arriveranno dai senatori della Lega, tre da Forza Italia perché il presidente, Maurizio Gasparri, per prassi non vota e uno da Fdi. Sul fronte opposto ci sarà il Pd i cui 4 senatori giudicano «seria e ben documentata» la richiesta del Tribunale dei ministri e sembrano saldamente orientati verso il via libera all'autorizzazione a procedere (Matteo Renzi ha già annunciato il suo sì).
Dalla parte dei magistrati si schiera anche il leader di Leu Pietro Grasso. Mentre si dichiara ancora indeciso il senatore delle Autonomie Meinhard Durnwalder mentre Gregorio De Falco, passato al gruppo Misto dopo l'espulsione voterà sì. Per il senatore, l'immunità si può applicare solo a un atto politico. «L'atto politico - spiega all'Huffington Post - ha caratteristiche generali e di astrattezza di indirizzo. Se impedisco lo sbarco di una singola nave dove sta la finalità generale? È una scelta specifica. Spero che Cinquestelle siano coerenti».
È chiaro che il voto di M5S con i suoi 7 senatori in giunta diventa fondamentale. E sotto traccia c'è chi ritiene che questa possa diventare anche un'occasione per richiamare Salvini a una maggiore collegialità sulla materia dell'immigrazione e ristabilire gli equilibri dentro la maggioranza.
Inoltre il «contratto» M5S-Lega, parla chiaro: «Non possono entrare a
far parte del governo - si legge - soggetti che siano sotto processo per reati gravi». È chiaro, dunque, che una eventuale condanna aprirebbe un altro fronte polemico dentro il governo e nella dialettica con le opposizioni.
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