Senza la spallata al governo con la mancata vittoria della leghista Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna, l'onda lunga leghista sembra aver perso vigore. E nel silenzio post-elettorale iniziano a sentirsi i primi scricchiolii nella coalizione di centrodestra. Si rimpallano le colpe e le responsabilità. I leghisti rinfacciano a Forza Italia il poco confortante risultato di lista (sotto il 3%). Mentre a Salvini viene fatto notare che la Borgonzoni ha preso meno dei voti della coalizione. Segno, per alcuni, che non era il candidato migliore da opporre al governatore Bonaccini.
Dal canto suo Salvini adesso avverte che devono essere ripensate tutte le candidature per i prossimi impegni elettorali. Cosa che ha fatto subito infuriare uno dei suoi alleati. Giorgia Meloni, infatti, ha subito messo le mani avanti. «I patti si rispettano» tuona la leader di Fratelli d'Italia dai microfoni di Radio Capital. Il riferimento è alle candidature di Raffaele Fitto per la Puglia (proposta proprio da Fratelli d'Italia) e da Stefano Caldoro per la Campania (avanzata da Silvio Berlusconi). «Noi abbiamo fatto degli accordi - precisa la Meloni -. E per me, che sono una persona di destra, la parola data ha sempre un valore. Non ho ragione di non fidarmi della parola di Salvini, come Salvini non ha mai avuto ragione di non fidarsi della parola data da me. Per cui per me i patti si rispettano, poi, ci si mette a tavolino, si discute di tutto, però i patti una volta che si fanno si rispettano». E sulla leadership la risposta, secondo la leader di Fratelli d'Italia, devono darla i numeri. «Alle politiche - dice - il partito che prenderà più voti esprimerà il premier». D'altronde il rapporto di forza tra gli alleati resta uno dei nodi più difficili da sciogliere. L'ultimo sondaggio Emg per la trasmissione Agorà mostra stabile sopra il 30% il Carroccio, mentre Fratelli d'Italia (i cui Stati generali della montagna si riuniscono da oggi a Roccaraso in Abruzzo, per parlare di identità e tradizione) è all'11,5%. Forza Italia si attesta invece al 6,1%. Nell'indagine demoscopica anche alcune domande riguardo alla recente campagna elettorale. Ed emerge un dato importante, almeno per gli analisti di cose politiche.
Alla domanda «La citofonata di Matteo Salvini è stata un errore?» ha risposto in maniera affermativa il 39% degli intervistati che ammettono di aver votato Lega. Segno che un generale ripensamento del modus operandi del leader sta maturando anche nella base.
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