Era fine agosto e la confusione regnava sovrana nel governo Renzi. Il presidente del Consiglio annunciava, dalle colonne del Corriere della Sera , che nella legge di Stabilità avrebbe tagliato le tasse in deficit. Mentre il suo ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sul palco del Meeting di Rimini sosteneva che il taglio delle tasse dovesse essere finanziato da un corrispondente taglio di spesa. Stessa posizione dell'ex commissario alla spending review , Carlo Cottarelli, che su la Stampa dimostrava come la manovra, così come ipotizzata da Renzi, vale a dire in deficit, «non è credibile». Il tutto confermato dal Commissario agli affari economici dell'Unione europea, Pierre Moscovici, che per abbassare le tasse chiedeva al governo italiano di realizzare «risparmi strutturali che compensino il mancato gettito».
Evidentemente, al contrario dei suoi interlocutori, Matteo Renzi non ricorda l'equivalenza ricardiana, secondo cui tagliare le tasse in deficit, con conseguente creazione di debito, non ha alcun effetto positivo sull'economia, perché famiglie e imprese non spendono e non investono, consapevoli del fatto che per ripagare il debito che si crea oggi attraverso il deficit verranno aumentate le tasse domani. Ci sarebbe una variante che consente di superare l'equivalenza ricardiana, ma che Renzi comunque non ha colto. I sacri testi insegnano che per uno Stato l'unica giustificazione economica e morale per fare deficit, e di conseguenza debito, sono gli investimenti. Bene, quindi, per uno Stato indebitarsi, ma solo se, attraverso gli investimenti, quell'indebitamento porta a dei miglioramenti per chi dopo dovrà pagare il conto. Per esempio: più asset, più infrastrutture, più tecnologia, più reti, più capitale umano, più sicurezza, più produttività, più competitività.
Al contrario, è immorale, oltre che sbagliato, indebitare le generazioni future per consumare di più nel presente. È quello che ha fatto Matteo Renzi nella sua legge di Stabilità: taglia le tasse in deficit, vale a dire indebitando le generazioni future, sperando di stimolare i consumi e far ripartire la domanda interna. E comprarsi il consenso degli elettori, come ha fatto in occasione delle elezioni europee lo scorso anno con gli 80 euro. Come abbiamo dimostrato, è un errore da matita blu. Il professor Padoan avrebbe potuto spiegarglielo, ma evidentemente non ha avuto la forza e il coraggio di farlo. Ci pensiamo noi. Sulla base proprio dalle affermazioni di Moscovici e partendo dalle soluzioni proposte da Cottarelli.
Pressione fiscale e spesa pubblica
Cosa avremmo fatto noi al posto di Renzi? Avremmo certamente abbassato le tasse per ridurre la pressione fiscale, ma finanziando l'intera operazione con seri tagli alla cattiva spesa pubblica. D'altronde, è scritto nel programma con cui ci siamo presentati agli elettori nel 2013: riduzione della spesa pubblica corrente di 80 miliardi in 5 anni (16 miliardi all'anno, pari al 2% del Pil) e riduzione di pari importo della pressione fiscale, di 5 punti in 5 anni (durata della legislatura).
Ma si può fare ancora di più del 2% annuo, utilizzando e potenziando il menu di tagli del programma di spending review elaborato dall'allora commissario Cottarelli, che prevede risparmi per 7-10 miliardi il primo anno, 18-20 miliardi il secondo anno e circa 35 miliardi il terzo anno. Per un totale di 60-65 miliardi nel triennio, da utilizzare per ridurre di pari importo la pressione fiscale. Attraverso la cancellazione della Tasi sulla prima casa, la riduzione dell'Ires e la graduale cancellazione dell'Irap.
Pensioni minime, quoziente familiare e contratti dei dipendenti pubblici
Nel nostro paese ci sono ancora almeno 3 aree di sofferenza, che hanno pagato caro il costo della crisi negli ultimi anni: pensionati, famiglie e dipendenti pubblici. A queste categorie noi vogliamo garantire sostegno e, ancora con le risorse derivanti dai tagli alla spesa pubblica del piano Cottarelli «rafforzato»: 1) aumentare le pensioni minime, per restituire ai pensionati il potere d'acquisto perso 2) introdurre il «quoziente familiare», che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'Irpef, con conseguenti vantaggi per le famiglie più numerose; 3) rinnovare il contratto del pubblico impiego, con particolare attenzione al comparto sicurezza, stanziando risorse per almeno 2 miliardi all'anno, e non i miseri 300 milioni del governo Renzi.
Clausole di salvaguarda e revisione delle «Tax expenditures»
Terzo punto su cui occorre intervenire: le clausole di salvaguardia contenute nella legge di Stabilità del governo Renzi dello scorso anno e del precedente governo Letta, pari a 16,8 miliardi nel 2016, 11 miliardi nel 2017 e 9,4 miliardi nel 2018, per un totale di 37,2 miliardi nel triennio, pari a oltre 2 punti di Pil.
Noi intendiamo neutralizzarle attraverso il taglio delle tax expenditures, vale a dire quell'insieme di «sconti e agevolazioni fiscali» previsto nel nostro ordinamento (deduzioni, detrazioni, esclusioni, esenzioni, aliquote ridotte) che, comportando una riduzione del gettito tributario, producono sul bilancio pubblico un effetto analogo agli aumenti di spesa. Uno studio dell'Ufficio parlamentare di bilancio del 21 luglio 2015 le quantifica in 161,3 miliardi di euro. Ne deriva che riducendole anche solo del 10% si liberano risorse per almeno un punto di Pil (16 miliardi).
Piano per il Sud
Dopo il rapporto Svimez presentato martedì scorso, è del tutto evidente come, nonostante gli annunci, nel programma del governo Renzi manchi un grande piano per il Sud. A tale fine specifico, proponiamo di utilizzare gli 8,9 miliardi di Fondi strutturali residui del bilancio europeo 2007-2013 per investimenti da realizzare nel 2016.
A questi aggiungiamo i 10 miliardi all'anno provenienti dai Fondi strutturali del bilancio europeo 2014-2020, da utilizzare come deroga al Patto di stabilità interno nel 2016 e nuovamente per il piano per il Sud nel 2017 e nel 2018. Significa risorse complessivamente per il Sud e per la deroga al patto di Stabilità interno pari a 38,9 miliardi di euro nel triennio 2016-2018.
Flessibilità per investimenti pubblici produttivi
Una volta che il nostro paese ha dato un segnale forte di correttezza, credibilità e affidabilità si pone la grande opportunità di usare fino a un punto di Pil (16 miliardi) di flessibilità europea, da destinare tutto a investimenti pubblici produttivi, per la costruzione di nuove infrastrutture, il miglioramento dei piani di approvvigionamento energetico, e per dare impulso agli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione, capitale umano.
A questo punto le risorse complessivamente disponibili per gli investimenti nel triennio 2016-2018 ammontano a 54,9 miliardi di euro, di cui 34,9 miliardi concentrati nel 2016. Una spinta mai vista prima, soprattutto per il Mezzogiorno.
Questa sì che sarebbe una vera manovra espansiva, che crea crescita e occupazione, con l'aumento della produttività dei fattori e della competitività del paese, la riduzione vera della pressione fiscale e il blocco dell'aumento di Iva e accise, che il governo Renzi ha solo rinviato di un anno.
Al contrario, fare passare la legge di Stabilità di Renzi e Padoan come una manovra per la crescita, che suona bene anche al centrodestra e su cui allettare famiglie e imprese, con la promessa, come abbiamo visto, della riduzione delle tasse, è un imbroglio.
È vero esattamente il contrario: quella del governo Renzi è una manovra da prima Repubblica, quando si faceva deficit unicamente per comprare consenso. Il centrodestra liberale non deve cadere in questa illusione: le tasse si riducono solo tagliando la cattiva spesa pubblica, e tagliando il debito.
Il presidente del Consiglio promette cose che suonano bene ai ceti e alle categorie che vuole conquistare, ma lo fa con la filosofia e l'impianto culturale della sinistra. Di quella sinistra del compromesso storico, che ha distrutto il paese.
Fare una legge di Stabilità da prima Repubblica in un contesto congiunturale come quello attuale, ben descritto anche ieri dal governatore della Banca centrale
europea, Mario Draghi, come ancora pieno di pericoli e sotto gli antibiotici del quantitative easing , è semplicemente da irresponsabili e da ignoranti delle lezioni che la storia del nostro paese ci ha impartito. Noi non ci stiamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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