"Quelli che arrivano in Europa scappano dalla guerra o dalla fame. E noi siamo in qualche modo colpevoli perché sfruttiamo le loro terre ma non facciamo alcun tipo di investimento affinché loro possano trarre beneficio". In una lunga intervista rilasciata al periodico Scarp dè tenis, mensile della strada, progetto editoriale e sociale sostenuto da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, papa Francesco torna a bacchettare i Paesi dell'Unione europea che, ormai da anni, sono presi d'assalto da milioni di immigrati che cercano rifugio e lavoro nel Vecchio Continente. "Hanno il diritto di emigrare - ha tuonato il Santo Padre - e hanno diritto ad essere accolti e aiutati".
Nell'intervista, realizzata in preparazione della visita nella diocesi di Milano il prossimo 25 marzo, papa Fracesco è tornato ad affrontare il problema dell'emergenza immigrazione. Problema che, ormai da anni, sta affliggendo l'Unione europea. Dopo la guerra in Libia e la destabilizzazione del Medio Oriente con il sorgere dello Stato islamico sui territori della Siria e dell'Iraq, ccentinaia di migliaia di immigrati hanno preso d'assalto il Vecchio Continente. Una marea umana che è stata ingrossata da quelli che, pur non avendo diritto allo status di rifugiati, entrano clandestinamente in cerca di un lavoro. "L'accoglienza - ha sottolineato papa Francesco - si deve fare con quella virtù cristiana che è la virtù che dovrebbe essere propria dei governanti, ovvero la prudenza". Questo, per Bergoglio, significa "accogliere tutti coloro che si 'possono' accogliere. E questo per quanto riguarda i numeri. Ma è altrettanto importante - ha, poi, aggiunto il Papa - una riflessione su 'come' accogliere". Perché, è il suo ragionamento, "accogliere significa integrare. Questa è la cosa più difficile perché se i migranti non si integrano, vengono ghettizzati".
Nell'intervista al mensile della Caritas, papa Francesco ha poi spiegato che è "molto faticoso mettersi nelle scarpe degli altri, perchè spesso siamo schiavi del nostro egoismo". "A un primo livello possiamo dire che la gente preferisce pensare ai propri problemi senza voler vedere la sofferenza o le difficoltà dell'altro - ha continuato - c'è un altro livello però. Mettersi nelle scarpe degli altri significa avere grande capacità di comprensione, di capire il momento e le situazioni difficili". Bergoglio ha fatto, quindi, l'esempio di quando in un lutto, si porgono le condoglianze, si partecipa alla veglia funebre o alla messa. "Sono davvero pochi coloro che si mettono nelle scarpe di quel vedovo o di quella vedova o di quell'orfano. Certo non è facile. Si prova dolore, ma poi tutto finisce lì", ha continuato Francesco facendo notare che, "se pensiamo poi alle esistenze che spesso sono fatte di solitudine, allora mettersi nelle scarpe degli altri significa servizio, umiltà, magnanimità, che è anche l'espressione di un bisogno. Io ho bisogno che qualcuno si metta nelle mie scarpe. Perché tutti noi abbiamo bisogno di comprensione, di compagnia e di qualche consiglio".
"Quante volte - ha continuato il Pontefice - ho incontrato persone che, dopo aver cercato conforto in un cristiano, sia esso un laico, un prete, una suora, un vescovo, mi dice: 'Sì, mi ha ascoltato, ma non mi ha capito'. Capire significa mettersi le scarpe degli altri. E non è facile.
Spesso per supplire a questa mancanza di grandezza, di ricchezza e di umanità ci si perde nelle parole. Si parla. Si parla. Si consiglia. Ma quando ci sono solo le parole o troppe parole non c'è questa 'grandezza' di mettersi nelle scarpe degli altri".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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