Roma - Il Quirinale è pronto in caso di crisi. L'insolita loquacità del presidente della Repubblica non è certamente casuale. Gli interventi si fanno più frequenti ed incisivi in corrispondenza dell'aumento delle, legittime, preoccupazioni di Sergio Mattarella rispetto a quello che sembra volersi connotare come un classico autunno caldo. Anzi, caldissimo per il governo di Matteo Renzi che ha deciso di giocarsi la faccia e, forse, la poltrona di premier sul risultato del referendum costituzionale. E in caso di vittoria dei «No» sembra davvero difficile che il capo dello Stato possa sottrarsi all'obbligo di un rinvio del governo alle Camere, fosse anche soltanto per un passaggio «formale». Mentre nuvole sempre più nere si addensano all'orizzonte del governo, il Quirinale fa sentire con maggior chiarezza la propria voce con un doppio scopo. Da un lato rassicurare i cittadini: anche nel caso ci fosse uno scossone per Palazzo Chigi, il capo dello Stato c'è ed è pronto a svolgere il suo ruolo. Dall'altra parte le sue parole sono anche un monito alle forze politiche affinché in un momento di grave crisi si ritrovi l'unità pur nella dialettica del confronto democratico.
L'intervento del presidente al Meeting di Rimini ha fatto scalpore soprattutto per le sue parole sulla necessità di non alzare muri, spingendo a favore dell'accoglienza dei profughi. Ma il capo dello Stato da quel palco ha anche ricordato che «la Repubblica è nata da un referendum e dunque da un confronto democratico». Il merito di quella classe politica, ha ricordato Mattarella, è stato quello «di capire ciò che li univa». Non solo. Ha pure sottolineato la necessità per le democrazie «di essere aperte allo spirito del tempo» accogliendo «nelle loro istituzioni le innovazioni e le forze vive» rinnovandosi «per rappresentare meglio le istanze popolari». Insomma anche un aggiornamento della Costituzione non sarebbe un delitto di lesa maestà ma semplice conseguenza dell'evoluzione della società. Mattarella, senza mai superare i limiti del proprio ruolo, ha in più occasioni lasciato capire di esser favorevole alla riforma voluta da Renzi. Per sottolineare quanto il dibattito sul referendum si fosse allontanato dal merito nel luglio scorso Mattarella si è addirittura lasciato tentare dalla battuta, definendo le discussioni sul referendum «surreali, sulla scia della caccia ai Pokemon». Ma se dovessero prevalere i «No», il capo dello Stato non si tirerà indietro. In occasione della vittoria del Leave nel referendum inglese per la Brexit, Mattarella ha pure ribadito che «il voto dell'elettorato nazionale o di un altro Paese va sempre rispettato anche quando provoca rammarico o lo si ritiene un errore».
Due giorni fa Beppe Grillo è tornato in piazza riaprendo la campagna antireferendaria per il «No» con M5S. E nei corridoi di Palazzo c'è chi giura che in caso di Renzexit sarebbe già pronto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.
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