Roma - I furbetti del certificato medico avranno vita sempre più difficile. L'Inps, infatti, ha dato un'ulteriore stretta alle procedure di trasmissione online dei certificati pretendendo massima tempestività nelle segnalazioni sia da parte dei dipendenti che, soprattutto, dei medici.
È quanto prevede una circolare emanata il 2 maggio scorso che riguarda la «rettifica della data di fine prognosi» come un adempimento obbligatorio per il lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, che nei confronti dell'Inps. In teoria, il provvedimento appare come una segnalazione volta a conseguire maggiori risparmi nell'erogazione delle indennità di malattia erogate dall'istituto guidato da Tito Boeri. In effetti, non sono rari i casi nei quali il lavoratore, perfettamente (o «miracolosamente» guarito) torna al proprio posto senza avvertire nessuno oppure ne approfitta per svolgere qualche altro lavoretto. Non sempre è colpa dei dipendenti: ad esempio, chi ha un compito di responsabilità cerca di assentarsi il minimo possibile bypassando lo stesso medico che ha emesso il certificato. I medici di base (sia detto senza offesa) sono inoltre molto restii nel correggere la data di prognosi: un po' perché la procedura telematica è complicata un po' perché non hanno intenzione di assumersi responsabilità in caso di ricadute o nuovi infortuni dei loro assistiti.
La circolare firmata dal direttore generale Gabriella Di Michele ha poi un altro obiettivo: obbligare tutti i medici a dotarsi dei mezzi telematici (cioè un personal computer) per l'invio del certificato. I vecchi certificati medici di carta, infatti, prevedono una comunicazione telefonica tramite Contact Center. A differenza di altre situazioni questa volta le sanzioni sono durissime. Per i dottori l'inosservanza delle disposizioni «comporta il licenziamento o la decadenza dalla convenzione», mentre il lavoratore è tenuto a restituire l'indennità secondo quanto previsto dalla norme per le assenze alle visite di controllo domiciliari. Anche le aziende sono ammonite, ma in maniera molto più bonaria: non si fa rientrare in anticipo il lavoratore perché è sempre un rischio per la sua salute.
In realtà, la circolare Inps sembra adeguarsi a una recente pronuncia della Corte di Cassazione. La sentenza del 22 febbraio scorso aveva dichiarato legittimo il licenziamento di un dipendente sorpreso dal suo datore di lavoro ad aiutare la moglie nella rosticceria di famiglia durante il periodo di copertura del certificato medico. «L'indicazione del periodo di riposo prescritto nel certificato di malattia ha solo una valenza prognostica e non legittima il lavoratore guarito prima del termine a non rientrare al lavoro», avevano scritto il magistrato. L'Inps, dunque, ha preso la palla al balzo mettendo tutto nero su bianco: se il dipendente è in grado di tornare a svolgere la propria mansione, deve contattare il proprio medico e far correggere la prognosi prima del rientro.
Il lavoratore, se è in buona salute, ha infatti l'obbligo di diligenza di prestare la propria opera al suo datore. Dal 2 maggio non ci sono più scappatoie per tutti perché l'Inps ha richiamato al rispetto delle regole tutte le parti in causa: dipendenti, medici e aziende.
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