Come spesso succede era già tutto annunciato. Il primo ottobre Hadm Al-Aswar, un organizzazione mediatica collegata all'Isis, aveva diffuso un video intitolato «Respingere la croce» in cui si accusavano i Paesi europei di insultare Maometto, bombardare le cellule dello Stato Islamico e massacrare i musulmani. La risposta a queste azioni, spiegava il filmato, doveva arrivare dai lupi solitari. A loro spettava il compito di mettere a segno attacchi nel cuore dell'Europa e uccidere il maggior numero possibile di civili cristiani.
Neanche due settimane dopo quell'invito è già realtà. Lo spietato accoltellamento del deputato conservato David Amess colpito, non a caso, all'interno di una chiesa metodista nell'Essex è la risposta più esplicita all'appello dell'Isis. E non è la prima. Il preludio dell'offensiva dei «lupi solitari» invocata dallo Stato Islamico è stato annunciato solo tre giorni fa - era mercoledì sera - dal massacro, a colpi di arco e frecce, messo a segno a Konsberg, in Norvegia, da Espen Andersen Brathen, un danese di 37 anni convertito all'Islam radicale.
Il messaggio che già avremmo dovuto apprendere ma, complice la pandemia, abbiamo rimosso è semplice e chiaro. Il terrore islamista per colpirci non ha più bisogno né di un Califfato, né di un'organizzazione articolata come l'Al Qaida di Bin Laden o lo Stato Islamico di Al Bagdadi. Ormai in molti stati europei il numero di convertiti, di migranti e di cittadini musulmani guidati dall'Islam più fanatico ed integralista è talmente elevato da rappresentare un autentico esercito fantasma. Un esercito capace di colpirci anche senza il sostegno esterno di quartieri generali e basi all'estero. Per sollecitarne l'azione, mobilitarlo e colpirci bastano ormai un video e una voce in rete.
Ma a moltiplicare la nostra vulnerabilità contribuisce anche la sensazione di debolezza che abbiamo trasmesso ai nostri nemici. La vittoria talebana e la resa vergognosa dell'Occidente non sono passate invano. La fuga da Kabul ha convinto i militanti islamisti di aver davanti non dei nemici autentici, ma, bensì, le comparse pavide e inette di mondo in crisi ormai incapace di battersi per proprie convinzioni e per i propri alleati. Questo li ha convinti che la sconfitta del Califfato non era stata, in fondo, così rilevante. Anche perché l'Occidente dopo averla conseguita ha consegnato alla mattanza dell'islamista Erdogan quei miliziani curdi a cui dovevano la conquista di Mosul e a Raqqa.
E ancor più ignominiosamente non ha avuto la forza di estradare, giudicare e condannare quei terroristi che sotto le bandiere dell'Isis avevano seminato paura e morte nelle sue città. Consapevoli di non aver la forza per condannarli i governi europei hanno preferito delegare la loro condanna ai tribunali iracheni o, peggio, lasciarli nei campi di detenzione curdi in Siria. Con questa condotta si sono create le premesse per la rinascita dell'Isis.
Grazie ai soldi provenienti da un Islam radicale che conta su ricchi e interessati finanziatori in molti paesi del Golfo centinaia di terroristi sono fuggiti dai campi
curdi in Siria e sono tornati combattere in Irak. Non a caso da quelle parti sono rincominciati attentati e stragi. Ma ora il terrore è tornato anche nelle nostre città. E si prepara ad inchiodarci alle nostre debolezze.
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