Parà ucciso dai "nonni": caso riaperto

Nuova autopsia e ipotesi di omicidio per tre militari della caserma Gamerra a Pisa

Parà ucciso dai "nonni": caso riaperto

I genitori di Emanuele Scieri (nel tondo) non hanno mai smesso di combattere contro l'omertà e la vigliaccheria di chi, il 16 agosto 1999, strappò loro un figlio che indossava la divisa da parà della Folgore: corpo militare d'élite che però, in questa tragedia, non ha mai dato prova di coraggio, preferendo girarsi dall'altra parte; con orecchie, bocca e occhi tappati.

Il dramma del paracadutista Emanuele Scieri, nato a Siracusa, praticante avvocato, si consumò «misteriosamente» all'interno della «gloriosa» caserma Gamerra di Pisa, centro addestramento della Folgore. Ora, a distanza di 20 anni dalla morte di Emanuele, la Procura pisana ha disposto la riesumazione della salma: la nuova autopsia potrebbe fornire infatti agli inquirenti risposte per risolvere il caso. L'esame servirà ai magistrati per qualificare con precisione i termini di reato contestato ai tre indagati, tutti commilitoni accusati di omicidio volontario in concorso.

Mercoledì prossimo sono stati convocati in Procura i tre indagati, i loro difensori e le persone offese, la mamma e il fratello di Emanuele Scieri. Sarà l'occasione per mettere a confronto i consulenti delle parti in modo da concordare i tempi della riesumazione delle spoglie. Emanuele Scieri ha 26 anni quando viene richiamato sotto le armi nel luglio del 1999 e sta già svolgendo pratica in uno studio legale. Finito il Car a Firenze, viene trasferito alla caserma Gamerra con altri commilitoni il 13 agosto. Dopo aver sistemato i bagagli in camerata esce insieme ad altri coetanei per una passeggiata nel centro di Pisa e rientra in caserma alle 22.15, ma al contrappello delle 23.45 non risponde. Nonostante diversi colleghi riferiscano che è tornato in caserma, Scieri viene dato per non rientrato: a quell'ora probabilmente è già morto o è agonizzante. Il cadavere resta ai piedi della scala di una «torre di asciugatura dei paracadute» - posto solitamente frequentato dagli «anziani» della caserma - per tre giorni. Verrà ritrovato infatti solo il 16 agosto. Molte le «anomalie», a cominciare dalla «manipolazione» del telefonino della vittima per depistare le indagini. Nell'estate del 2018 la svolta, dopo che il caso era stato archiviato come suicidio: la Procura di Pisa arresta il caporale e capocamerata cui era stato assegnato Scieri; contestualmente vengono iscritti nel registro degli indagati anche altri due militari della caserma. Secondo la Commissione di inchiesta parlamentare, istituita nel 2016 e conclusa a dicembre 2017, nella caserma «avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia»; e poi: «alla Gamerra vigeva un regime di «disciplina parallela, legata non ai regolamenti formali ma ai concetti di consuetudine e tradizione». Si legge nell'ordinanza di arresto del gip: «L'ipotesi di omicidio volontario appare corroborata dal supplemento peritale nel quale il medico rianimatore precisa che Scieri ebbe sicuramente una permanenza in vita compatibile con la possibilità di un efficiente soccorso in grado di scongiurare il decesso». Secondo l'accusa, la sera del 13 agosto del 1999 i tre indagati avrebbero «obbligato Scieri a salire sulla torre di asciugatura, facendo pressione con gli scarponi sulle nocche delle dita»; di qui la caduta a terra della recluta e la fuga dei «nonni».

Secondo i periti della famiglia Scieri, il giovane morì dopo ore di agonia: un soccorso immediato avrebbe potuto salvarlo. Ma tra i parà della Folgore, quella maledetta sera del 16 agosto 1999, c'erano dei codardi senza onore. Che preferirono scappare. Infangando la propria divisa. E la propria anima.

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