Più di bonus e Matteo poterono i petrodollari

Dai dati e le previsioni economiche di questi giorni si evince una verità precisa: congiuntura internazionale e politica della Bce sono assai più efficaci e veloci del governo Renzi. Producono effetti ben più rapidi e tangibili di quelli che l'esecutivo ha cercato di generare finora. Prima di tutto per le tasche dei cittadini; poi per i conti dello Stato e quindi di nuovo, anche se indirettamente, per i nostri portafogli.

Pensiamo agli 80 (...)

(...) euro: è stato il biglietto da visita del premier, con il quale il Pd ha superato in carrozza il 40% dei consensi alle elezioni europee dell'anno scorso. Per la prima volta da lustri un governo invece che aspirare metteva soldi nelle tasche di almeno una parte dei cittadini. Ottanta eurini netti al mese. A beneficiarne, tramite un bonus fiscale a partire dal maggio scorso, i lavoratori dipendenti con reddito lordo tra gli 8 e i 24mila euro annui (un po' meno di 80 per chi arriva fino a 26mila). La misura riguarda circa 10 milioni di lavoratori per un costo pubblico nell'ordine dei 9,5 miliardi.

Ma ora pensiamo al prezzo del petrolio, dimezzatosi (facciamo una media) negli ultimi sei-otto mesi da quota 100 a 50 dollari il barile. Ebbene l'effetto, sui carburanti, secondo i dati dell'Unione petrolifera, è stato che un litro di verde è passato da 1,72 euro del primo trimestre 2014 a 1,43 di gennaio; il gasolio, da 1,64 a 1,34. Traduzione in pieno di benzina (standard di 50 litri per 500 chilometri di percorrenza), significa un risparmio medio nell'ordine dei 14,5 euro per ogni pieno. Calcolando che in media un automobilista italiano percorre 12.500 chilometri l'anno, si ottiene un risparmio di 362,50 euro. Sono più di 30 euro al mese. E non solo per i 10 milioni di lavoratori di prima, bensì per gli oltre 36 milioni di automobilisti italiani. Infatti, secondo i dati del Mise elaborati da Econometrica, nel 2014 si sono consumati 38,1 miliardi di litri di carburante, che ai prezzi attuali produrranno nel 2015 un risparmio di 11 miliardi: 1,5 in più di quanto stanziato dal governo per gli 80 euro.

Passiamo alla spending review : c'è qualche italiano che sa di quanto è stata tagliata la spesa pubblica in questi ultimi anni, dopo il passaggio di ben quattro commissari (Giarda, Bondi, Canzio, Cottarelli) addetti a tale compito? La riduzione del deficit e del debito non pare essere stata significativamente toccata, finora, dalla spending review . Grazie invece a Mario Draghi, il presidente della Bce che tra 10 giorni esatti inizierà ad acquistare 60 miliardi di titoli di Stato europei al mese fino al settembre 2016, la nostra spesa pubblica è destinata a ridursi di decine di miliardi di euro per l'effetto dei minori oneri sul debito.

L'acquisto dei titoli ne spinge in alto i prezzi e verso il basso i rendimenti e dunque i tassi d'interesse. Lo spread, solo sull'effetto annuncio della manovra Draghi, in un anno ha lasciato zona 200 per posizionarsi a quota 125. Risultato: i 450 miliardi che ogni anno lo Stato deve emettere per sostituirne altrettanti in scadenza costano sempre meno. «Nel 2014 - dice Angelo Drusiani, decano del reddito fisso per Abertini Syz - sono stati emessi all'1,27% contro il 2,02%», con un risparmio di 3,3 miliardi rispetto sul 2013. Altro che spending review .

E non è ancora niente se si pensa che il costo medio dei nostri 1.800 miliardi di titoli di Stato in circolazione è di oltre il 4,5%: significa dunque che per quella quota di 450 miliardi che lo Stato emetterà nel 2015, a un costo stimato dell'1%, il risparmio di spesa, a tendere, sarà nell'ordine dei 15 miliardi l'anno. Ecco come potrà calare il nostro debito: grazie alla Bce, non certo alla fantomatica spending review di questo o di altri governi.

Vogliamo poi parlare del cambio? Sempre grazie a SuperMario, che rende i titoli in euro poco redditizi, il dollaro si è rivalutato del 18-20% negli ultimi 6-8 mesi: significa manna per le nostre esportazioni, il settore che ha mantenuto il Paese a galla anche negli anni della crisi e del dollaro a 1,45 contro l'attuale livello di 1,13. Ecco perché, ieri, abbiamo visto l'industria italiana in ripresa a tassi che non si vedevano da un anno: fatturato e ordini tornati a crescere in dicembre, vendite su dell'1,4% su base mensile e commesse del 4,5%. Il tutto grazie proprio all'export, con un boom degli ordinativi esteri che non si vedeva da oltre cinque anni.

Mentre la Banca d'Italia ci dice che «siamo a un punto di svolta: dopo tre anni e mezzo il primo trimestre di Pil sarà positivo». E che le misure Bce varranno l'1% di crescita del Pil in due anni.

Grazie petrolio. Grazie dollaro. Grazie Draghi.

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