Roma Il rimpatrio degli irregolari è un'inderogabile priorità nella gestione dei flussi migratori. È errato omologare gli stranieri richiedenti asilo ai rifugiati, i titolari di protezione internazionale ai titolari di protezione umanitaria. Sono appellativi diversi perché corrispondono a caratteristiche differenti e riportano a tempi diversi di permanenza e soggiorno. Infatti su 630mila migranti solo il 5%, ovvero 30mila ha diritto di essere ospitato in Italia. «Gli altri 600 mila sono una bomba sociale pronta a esplodere, vivono di espedienti e di reati». Parole chiare pronunciate ripetutamente dal presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che sulla base dei numeri che caratterizzano il fenomeno dell'immigrazione ha già pronto il piano per l'attuazione di un programma di rimpatri programmati - 10mila al mese - che si articola in tre passaggi: abolizione dei permessi umanitari perché privi di alcun riconoscimento internazionale, velocizzazione delle pratiche di ricorso al rifiuto della protezione e, non ultimo, ridestinazione delle risorse ora impiegate per l'accoglienza ai progetti di rimpatrio.
Alla base dell'intero programma c'è il blocco degli sbarchi. Non si può prescindere. È necessario mettere il punto sull'ingresso di nuovi clandestini contando che nel 2016 sono sbarcati sulle coste della Sicilia poco meno di 200mila stranieri, mentre, nel 2017, altri 120mila. Di tutti questi l'Italia è stata in grado di riportarne a casa meno di 7mila, mentre solo 12mila sono stati ricollocati in altri paesi dell'Unione europea. Gli ultimi numeri ufficiali si fermano al primo quadrimestre dello scorso anno. Su 13.766 irregolari fermati, 6.545 sono stati allontanati, gli altri 7.221 sono di fatto rientrati in clandestinità. Insomma viene fuori che a ricevere il foglio di via è una percentuale pressoché irrisoria che non ha mai superato il 40% di chi è identificato irregolare almeno rispetto agli altri Paese dell'Unione dove invece si arriva a percentuali prossime all'80%. E se poi si volesse andare oltre, si sa bene che chi esce dai Cie, ora ridenominati Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) con il foglio di via, non è detto che ottemperi all'ordine malgrado gli venga riconosciuto anche un bonus di 300 euro e il biglietto aereo per il paese d'origine.
Quanto al mantenimento degli stranieri presenti nei centri di accoglienza si valutano numeri importanti che si moltiplicano quando si vanno a conteggiare le risorse messe a disposizione dal Documento di programmazione economica e finanziaria nonché dalle altre disponibilità dei fondi di riserva: nel 2017 la cifra complessiva ha toccato i 5 miliardi di euro tra spese per vitto e alloggio, percorsi di integrazione in buona sostanza falliti e assistenza ai minori non accompagnati. In pratica siamo di fronte a un quarto di punto di Pil. E da somme così consistenti ci vorrebbe poco a distrarre, si fa per dire, risorse da destinare ai rimpatri coattivi. Basterebbe in fondo cominciare con quelle impegnate per i rimpatri volontari assistiti, un evidente flop degli ultimi due anni, che sta costando all'Italia circa 9 milioni di euro per riportare a casa qualche centinaio di stranieri: oltre al biglietto aereo e al costo del trasporto aggiuntivo a ciascuno dei volenterosi viene riconosciuto un budget di 2mila euro per il primo periodo in terra natia. Altrettanto per il proprio percorso di vita, di lì a due anni, l'ex migrante verrà seguito in loco da una associazione no profit. Questo in nome del motto «Aiutiamoli a casa loro».
Già, ma a casa nostra, qualora non si mettesse mano al programma dei rimpatri coattivi ci sarebbero da spendere ancora miliardi e miliardi di euro per il mantenimento di chi ancora alberga negli hot spot del sud Italia, tra Lampedusa, Agrigento, Catania, Pozzallo, Crotone, Reggio Calabria, Bari e Brindisi oltre ad altre aree d'approdo straordinarie che lo scorso anno sono state individuate a Salerno, a
Cagliari e poi ancora a Civitavecchia. Non è escluso che nel centro Italia si organizzi a breve un nuovo centro straordinario dove riuscire a smistare quanti sarebbero in partenza dalle coste libiche al primo sole di primavera.
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