Più passano le ore e più gli stessi grillini cominciano a prendere coscienza della fondatezza della profezia lanciata dal leader di Italia Viva Matteo Renzi ai microfoni di Radio Capital: «Conte non dirà no al Mes e il M5s se ne farà una ragione». E infatti la tattica è quella di sviare l'attenzione dal Fondo Salva-Stati, riducendolo al rango di dettaglio trascurabile. Con l'obiettivo di mantenere in sella il premier, ma rischiando di pagare il prezzo di una spaccatura dalle conseguenze considerate «imprevedibili». E questa è l'altra faccia della medaglia delle lotte interne a un partito diviso in mille rivoli. Ma partiamo dal Mes. Sul tema, l'ex capo politico Luigi Di Maio sta preparando la piroetta. Lo dimostrano due interviste rilasciate ieri. Prima al quotidiano dei vescovi Avvenire, poi a L'Aria che tira su La7. «Abbiamo un solo vero obiettivo - dice Di Maio al giornale della Cei - il Recovery Fund: 1500 miliardi per riaccendere i motori. Tutto il resto è un dibattito limitante». E il resto è il discusso Mes. «Il Mes vale per l'Italia 37 miliardi, il fondo anti disoccupazione Sure 100 miliardi, la linea Bei 200». E la precisazione: «Mi fido ciecamente di Giuseppe Conte». Stessi concetti ripetuti su La7.
Ma la partita è tutta interna e porta agli Stati Generali del Movimento, che dovrebbero tenersi in autunno. Nel campo della lotta intestina, da qualche giorno, è entrato a gamba tesa Alessandro Di Battista. Il Coronavirus ha offerto una prateria all'ex deputato. Che ha seminato zizzania nel gruppo parlamentare con l'appello per boicottare Descalzi all'Eni e ha messo in imbarazzo la Farnesina con le sue frasi sulla Cina. Nel mezzo c'è l'ala più vicina a Roberto Fico, decisa a rinsaldare il rapporto con il Pd. Così Dibba vanifica gli equilibrismi dell'ex capo politico con un post su Facebook molto duro a tema Mes. «La contrazione del Pil alla quale andremo incontro - scrive - e l'aumento del debito pubblico che oggi l'Ue ci concede ci porterà verso una spirale dalla quale sarà possibile uscire solo attivando strumenti come il Mes con fortissime condizionalità». Ed ecco il paragone medico: «L'Ue ha intubato la Grecia per spolparla, perché non dovrebbe essere di nuovo così?» Quindi l'attacco a Matteo Salvini e Giorgia Meloni «dozzinali conformisti che si fingono populisti». Il tutto precisando che «Conte è un galantuomo», come ad avvisarlo che la preda non è lui ma il M5s.
Su questo punto le scuole di pensiero, tra i 5 Stelle, sono due. C'è chi liquida Dibba alla stregua di «un saltimbanco in cerca di fama», disinteressato alla politica in prima linea. Ed esiste una minoranza che invita «a non sottovalutarlo», senza avere timore persino di pronunciare la parola tabù: «scissione». Meccanismo che potrebbe subire un'accelerazione nel caso si ampliasse la maggioranza di governo o se il M5s completasse la sua giravolta sul Mes.
Chi ha paura di Dibba non manca di far notare che l'ex parlamentare ha sempre avuto un canale diretto con la Casaleggio Associati e con il suo presidente Davide, che sente regolarmente. Proprio da Milano qualche mese fa dicevano che i tempi non erano maturi per la leadership di Di Battista in quella fase storica. Ma il Coronavirus, si sa, ha cambiato tutto.
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