Niente più che un incontro "interlocutorio", che non chiude la partita dentro il governo e la maggioranza.
Mentre da Palazzo Chigi partono veline rassicuranti sull'esito del summit ufficiale tra il premier Giuseppe Conte e la delegazione renziana di Italia viva, dal quartier generale dell'ex premier partono i distinguo. Prima di concedere al presidente del Consiglio la rassicurazione sulle sorti del ministro nella bufera, quell'Alfonso Bonafede sul cui capino pendono non solo la faida mafiologica con l'ex guru Nino Di Matteo ma anche la mozione di sfiducia delle opposizioni, Matteo Renzi vuole vedere cammello. Non bastano le ampollose quanto vaghe formule con cui il premier, di pessimo umore per essere stato costretto dalle pressioni del Colle e dalla necessità di sopravvivenza a concedere quel che - nella sua weltanschauung - è il grande onore di un vertice ufficiale con lui medesimo in persona, ha assicurato la propria attenzione alle «utili» proposte di Italia viva. Il leader di Italia viva incassa il riconoscimento, e anche l'impegno del premier a sostenere la proposta di regolarizzazione dei migranti proposta dalla ministra di Iv Teresa Bellanova e osteggiata da Cinque stelle, ma «non basta», dice. Prima del fatidico voto sulla mozione di sfiducia al Guardasigilli Bonafede, fa sapere, ci deve essere un nuovo incontro nel quale Italia viva farà pesare quei suoi voti, essenziali in Senato alla sopravvivenza del governo, per ottenere impegni precisi del capo dell'esecutivo anche sul decreto maggio e sulle misure per rilanciare la disastrata economia italiana, a partire da quel «piano choc» di investimenti che i renziani caldeggiano, e dal no alle tentazioni stataliste e dirigiste che si riaffiorano insistentemente nella maggioranza. «Solo in Italia qualcuno chiede che lo Stato in cambio abbia posti in Consiglio d'amministrazione. Noi siamo contrari. Sovietizzare l'Italia? No grazie», attacca Matteo Renzi.
La guerriglia contro il super-giustizialista Bonafede è antica battaglia di Iv. Difficile votare una mozione di sfiducia del centrodestra, che comporterebbe un'immediata crisi di governo, ma nelle file renziane circola la convinzione che, anche se si salverà in Senato, la sorte di Bonafede è tutt'altro che blindata. Il dirigente grillino si dibatte nella morsa della Nemesi giustizialista, e promette di ricacciare in galera per decreto tutti i boss. «Metti che uno solo di loro scappi, prima del decreto: altro che mozione di sfiducia, Bonafede sarebbe messo alla porta dai suoi», dicono dalle parti di Iv.
La situazione resta fluida, insomma. Mattarella prima e Zingaretti ieri hanno tentato di blindare Conte dicendo che dopo di lui ci sono solo elezioni, ma l'arma fine-di-mondo è piuttosto spuntata: nessuno crede che si possa andare a votare in una situazione così tragica. Dunque le parole rassicuranti di ieri alla fine del primo incontro ufficiale con Iv, cui Conte è stato costretto dalle pressioni del Colle, valgono solo per l'oggi. Rientrano le dimissioni della Bellanova, dopo che il premier si è impegnato a mediare con i grillini anti-immigrati sulla regolarizzazione, e Ettore Rosato spiega che il capo del governo ha aperto alle proposte economiche di Iv. Ma sarà solo il prossimo incontro a sciogliere definitivamente i nodi.
Intanto, dal centrodestra, Silvio Berlusconi si tira fuori da quelli che definisce «giochi di Palazzo» su nuove maggioranze: «Molti italiani hanno perso il lavoro e non sanno come mangiare e noi di fronte a questo discutiamo delle tattiche di Renzi o di qualche altro leader politico in cerca di visibilità? Io lavoro 12 ore al giorno per
raccogliere idee e studiare proposte, mi sto impegnando in Europa per ottenere soluzioni favorevoli all'Italia. Se si verificassero delle condizioni per un cambiamento, le valuteremo prima di tutto con i nostri alleati».
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