Laura Cesaretti
Roma «Demagogica», «dice falsità», «parla senza essere informata», «imbarazzante», «senza rispetto».
È durissimo Giovanni Malagò contro la sindaca Raggi e il modo in cui ha gestito la partita delle Olimpiadi a Roma. Spulcia una per una le azzardate giustificazioni offerte dalla prima cittadina di Roma per motivare il suo no, e le smentisce. Racconta la lunga fuga della Raggi dagli incontri con lui e gli altri esponenti del comitato per le Olimpiadi, una teoria di appuntamenti presi e poi disdetti per mesi, fino all'exploit di ieri: la sindaca convoca il presidente del Coni in Campidoglio alle 14.30, annuncia per le 15.30 una conferenza stampa, e poi lo lascia in attesa senza farsi vedere. E lui, che sa già che la Raggi si è piegata al «niet» olimpionico di Grillo, ma che di comunicazione si intende, coglie l'occasione per darle una lezione e - dopo 40 minuti di attesa - se ne va con grande clamore: «Il sindaco avrebbe dovuto dedicare al mondo dello sport un po' più di attenzione e rispetto». Quanto alle argomentazioni portate a sostegno del no (con tanto di slide preparate, dicono i maligni, dalla Casaleggio e associati), Malagò è implacabile: «Mi dispiace che il sindaco non ricordi, e non voglio pensare che l'abbia fatto in malafede, che Roma si è candidata solo dopo che il Cio ha cambiato le regole delle candidature, con la netta riduzione dei costi». La sindaca sostiene che Roma sta ancora pagando 2 miliardi di debiti delle Olimpiadi del '60? «Bugie dette per puro populismo: me lo ha confermato la commissaria al debito Silvia Scozzese». La sindaca annuncia che invece delle Olimpiadi trasformerà le Vele di Calatrava in una «città della conoscenza»? Clamorosa bugia, la smaschera il presidente del Coni: «Per quel progetto era stato chiesto anni fa dall'Università di Tor Vergata un finanziamento alla Bei, che però è stato rifiutato». Poi l'affondo finale: la mozione con cui la giunta propone al Consiglio di dire «no» alla candidatura «è imbarazzante, consiglio alla Raggi di non presentarla». «Parla di città che non sono mai state candidate. Bisogna sapere prima di cosa si parla, sennò si fanno brutte figure. Come fa a non saperlo? Amburgo non è stata mai candidata, Boston neanche, è imbarazzante».
E proprio quella mozione è l'oggetto misterioso su cui si appuntano le residue speranze del governo e del Comitato Roma 2024. Perché, spiega Malagò, «fino a che non ci sarà un atto ufficiale votato dal Consiglio comunale, siamo obbligati a restare in partita». La conferenza di ieri non ha alcun «valore formale»: serve che la Raggi «si prenda la responsabilità» di far votare un atto «motivato», e allora «noi e il governo dovremo rispettarlo». Ma se il voto slittasse, o addirittura saltasse, la strada si potrebbe riaprire.
Malagò (e con lui Renzi) sanno bene che, in realtà, la sindaca e il suo entourage le Olimpiadi le volevano eccome. «Siamo disperati, noi vorremmo andare avanti ma non ce lo lasciano fare», è il messaggio arrivato da Raggi e dal suo vice Frongia negli ultimi giorni. L'operazione Olimpiadi, e in Campidoglio lo sanno bene, era l'unica chance per poter investire su una città in stato comatoso, e nella quale altrimenti la giunta grillina non sa dove mettere le mani.
Lo stesso Di Maio in campagna elettorale si era sbilanciato a sostegno dei Giochi. Grillo e la Casaleggio hanno imposto il no, e ieri hanno spedito l'intero gruppo parlamentare a presidiare la sindaca. Che ora ha pochissimi margini di manovra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.