Tredici. Tredici povere cose, di quelle che restano quando l'uomo non c'è più e le sue ossa rimangono esposte alle intemperie e alla natura per decenni e decenni, lassù sul Monte Grappa. Tredici, restituiti dalla neve a più di un secolo di distanza dalle tempeste d'acciaio che li hanno falciati mentre facevano il loro dovere. E il loro dovere era combattere in mezzo al gelo, ad altezze impensabili, in condizioni impensabili, strapparsi a vicenda brandelli di montagna in alcune delle più folli e forsennate battaglie della Prima guerra mondiale. Tredici, e non tutti con la divisa dello stesso colore. Ma a cent'anni di distanza le divise non hanno più importanza, resta solo il valore. Solo quello, nemmeno i nomi.
Lo scorso 18 agosto il primo ritrovamento di cinque soldati, in località Val delle Laste. Il 29 agosto altri otto in località Col del Cuc. Dall'analisi dei resti e dagli oggetti rinvenuti - bottoni, brandelli di divise - si pensa che la maggior parte di questi caduti appartenessero alle truppe dell'Impero Austro Ungarico. Ma dopo un secolo è difficile avere certezze. Tranne che la montagna continua ancora a restituirci morti. Del resto la prova di forza infernale messa in scena sul Grappa da italiani e austriaci è difficile anche solo da immaginare.
Nel 1917 il massiccio diventa il baluardo per fermare le truppe austriache che, dopo Caporetto, voglio consolidare qui il nodo di saldatura fra la linea del Piave e quella degli Atopiani. L'attacco contro gli italiani inizia il 13 novembre e continua, a più riprese, per dieci giorni, con ingenti perdite di uomini da entrambe le parti. Non passano, incontrano una disperata resistenza, tanto che dopo la battaglia dell'11 dicembre, un contrattacco italiano recupera parte dell'Asolone. La primavera successiva la Quarta armata italiana subisce una nuova offensiva (15 giugno 1918). Nella stessa giornata le truppe italiane passano al contrattacco e il 24 giugno ristabiliscono la situazione facendo fallire, per la seconda volta, l'attacco austriaco. Da ultima l'offensiva italiana del 24 ottobre 1918 (un anno esatto da Caporetto, 24 ottobre 1917) riuscì, al prezzo di un bagno di sangue, a cacciare gli austriaci dal Grappa segnando definitivamente la vittoria della guerra da parte delle truppe italiane.
Ecco perché lassù sul Grappa c'è un gigantesco sacrario. Pietra grigia sulla cima grigia del monte, pietra grigia contro l'azzurro del cielo. Lì ci sono oltre 24mila caduti, dei quali 22mila senza nome dell'uno e dell'altro Esercito. Adesso ce ne sono tredici in più. Tredici che non sono più povere cose abbandonate dove la morte le ha colte. Sono là con gli altri. Tutti soldati, tutti uomini che hanno percorso una via difficile, che attraversa tutto il sacrario e si chiama «Via eroica». Sabato nel Duomo di Crespano di Pieve del Grappa è stata celebrata la Santa Messa in loro ricordo, alla presenza delle autorità civili e militari (tra cui Generale di C.A. Federico Bonato) italiane e austriache.
Poi li hanno portati sù, una processione piccola ma solenne nella neve, caduta copiosa in questi giorni.Come recita un canto alpino: «Santa Maria,/ Signora della neve/ coprì col bianco soffice mantello/ il nostro amico, nostro fratello/».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.