«La guardia con una manieraccia gli gridò: olà!» e lui dovette scucirgli «mezzo ducatone» per poter passare. Così nella Milano di Manzoni il «capo de' gabellieri» trattava il cittadino Renzo. Ma era comunque meno sfrontato dello Stato italiano di oggi che i suoi cittadini li tratta come i polli di Renzo.
Nell'Italia del 2014 invece, il fisco varca tranquillamente ogni soglia di decenza e ora non si fa problemi a chiederci una tassa sui suoi errori e lentezze. Succede oggi, adesso, una rapina nella nostra busta paga di settembre. Scatta infatti da questo mese la cosiddetta tassa Inps, il contributo di solidarietà previsto dalla legge Fornero per coprire i bisogni di un fondo di solidarietà che dal 2016 sostituirà la cassa in deroga. Si tratta di un prelievo dello 0,5% sul lordo dello stipendio (vedere la voce imponibile Inps) che è per due terzi a carico del datore di lavoro e per un terzo a carico del dipendente.
Sulla carta il nuovo salasso sarebbe dovuto partire da gennaio, ma alle nostre latitudini perfino tra il dire e il tassare c'è di mezzo il mare della burocrazia. E così l'applicazione del contributo, deciso nel 2012, parte solo ora, dopo nove mesi, perché la norma come al solito aveva bisogno di circolari che la rendessero operativa. Indovinate a chi tocca pagare il conto del ritardo? Ovviamente ai contribuenti. A settembre sarà prelevato dalla busta paga l'importo del contributo di tutti e nove i mesi arretrati in un colpo solo, più quella che in sostanza è una mora, anche se l'Inps, nella circolare dello scorso 2 settembre, la presenta più neutramente come «interessi legali dell'1%».
Ma la sostanza cambia poco: mentre dai telegiornali continuiamo ad ascoltare solenni promesse di riduzioni del peso delle imposte, le nuove gabelle germogliano a ritmo continuo, come testimoniano i dati sul record della pressione fiscale, e le vecchie esplodono come bombe a orologeria, disseminate sul cammino delle nostre dichiarazioni dei redditi. E lo fanno come in questo caso in modo subdolo e ingiusto, con scarsa trasparenza e per di più arricchite da veri controsensi giuridici come l'imposizione al contribuente del pagamento degli interessi per un ritardo dovuto alla lentezza dell'esattore.
Come se il vostro padrone di casa passasse a riscuotere l'affitto ogni 30 del mese e poi, bussando alla porta con un paio di settimane di ritardo, chiedesse la pigione con un sovrappiù per il disturbo. «L'Inps - spiega Giuliano Ruggeri, consulente del lavoro di Roma - finora non aveva fornito i codici che identificano il tributo e permettono di prelevarlo dalla paga e versarlo. Gli interessi scattano dal 7 giugno, giorno della pubblicazione del decreto che regola il fondo di solidarietà che il contributo va a finanziare».
Tradotto in soldoni, su un lordo di 2.000 euro, i dipendenti delle aziende con più di 15 dipendenti pagheranno lo 0,5%, quindi dieci euro, di cui 3,3 a carico del lavoratore e il resto del datore di lavoro. La cifra va però moltiplicata per nove mesi (più eventuale quattordicesima), calcolando gli arretrati. Dunque si arriva a un taglio delle retribuzioni di una trentina di euro, che aumentano all'aumentare dello stipendio (ma i dirigenti sono esenti dal tributo).
Dunque almeno per questo mese troveremo l'amara sorpresa di una decurtazione tutt'altro che trascurabile che tra l'altro renderà ben più esile la gratifica degli 80 euro concessa da Renzi.
Il datore di lavoro dovrà farsi carico anche dell'1% di interesse, che trattandosi di qualche mese, si tradurrà in pochi centesimi di esborso. Ma in questo caso, più che la somma conta il principio: uno Stato che complica così il pagamento delle tasse e rimette i costi di esazione a carico dei suoi cittadini, è semplicemente incivile. «Per chi lavora nel settore - commenta amaro Ruggeri - non è certo una novità. Il gioco dei decreti attuativi e delle circolari funziona sempre così. Le istruzioni arrivano sempre all'ultimo minuto utile o addirittura a posteriori. Basti pensare agli sgravi fiscali per le assunzioni nel 2012 sono stati resi operativi ora. I commercialisti, di fronte a queste prassi e all'incertezza delle regole, sono costretti intanto a prelevare il tributo per evitare il rischio di sanzioni, salvo poi chiederne la restituzione se in seguito si chiarisce che non era dovuto».
Una prassi assurda e per giunta nemmeno eccezionale. Non è forse così che sta accadendo per la Tasi? I Comuni tardano a stabilire l'aliquota e migliaia di sudditi si troveranno costretti a versare a pagare l'intero importo in un colpo solo a Natale. Un altro bel regalo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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