Politica

Il re delle cravatte linciato sui social «Traditore e venduto, hai ricevuto Matteo»

L'amarezza del sarto napoletano Marinella: «Gli insulti mi hanno fatto male»

di Paolo Bracalini

Da orgoglio della sartoria napoletana a «traditore», «leccac del nordista», «venduto alla Padania», «usurpatore dello stemma borbonico» che compare nel logo del cravattificio più famoso del mondo. È bastato aprire le porte del negozio a Matteo Salvini e contro Maurizio Marinella, patron della maison simbolo di Napoli fondata dal nonno nel 1914, si è scatenata la collera dei napoletani antileghisti. È stato lanciato pure un hashtag sui social, #maipiùmarinella, autore Gino Di Mare, fratello di Franco Di Mare, giornalista Rai (molto sponsorizzato dai napoletani del M5s, Di Maio e il suo vassallo Spadafora) per invitare i partenopei a boicottare le cravatte Marinella. «Ho avuto tanti di quegli insulti solamente perché ho ospitato Salvini, ho ricevuto messaggi di qualcuno che dice di non voler più essere mio cliente. Ma perché? Io ho sempre scelto di avere a che fare con tutti - si sfoga l'imprenditore -. Mi hanno offeso dicendo che mi sono venduto al nemico, mi hanno accusato persino di non amare Napoli. Assolutamente no. Ho sempre promosso Napoli e difesa anche quando c'erano i sacchetti della spazzatura ai primi piani dei palazzi. Mi arrivano continuamente offerte multi miliardarie e invece resto qui. Mi hanno chiesto la disponibilità del salone per un incontro politico. Mi hanno detto che sarebbe venuto Salvini. Io non ho avuto problemi perché da me sono venuti in tanti. Le mie cravatte hanno unito tutti i politici. Ecco perché gli insulti mi hanno fatto male».

Magari sarà un fuoco di paglia presto dimenticato dai napoletani, il negozio di Marinella - che ha fornito cravatte a capi di stato, reali e leader mondiali, da Kennedy a Clinton, da Cossiga a Mattarella, da Mitterand a Chirac, da Berlusconi a Putin, da Agnelli a Aristotele Onassis, da re Juan Carlos di Spagna a Carlo principe del Galles - ha una storia che non può essere affondata solo per aver stretto la mano a Salvini. Ma certo il tenore dei commenti dei napoletani sui social è pesante. «Oltre un secolo di storia buttato nel cesso nel giorno in cui avete deciso di ospitare Salvini. Non comprerò mai più una vostra cravatta. Vergognatevi!» scrive Nico. «Lo sciacallo ve lo potevate evitare! La clientela vi ripagherà». «Con Salvini? Grande delusione. Mi dispiace ma non credo potrei mai più venire a trovarla» attacca Alessia. «Pur di vendere qualche cravatta in più avete incontrato chi da decenni odia e denigra Napoli. Vergognatevi!» scrive un altro. «Avete lo stemma dei Borboni e poi festeggiate con Salvini la lota (insulto pesante in gergo napoletano, ndr)? Siete 'a munnezz dei napulitan» dice un altro commentatore. Uno che ha Maradona come foto profilo annota: «Giustamente uno che vende le cravatte a peso d'oro può mai essere del popolo? Vattenne cu Salvini, jesc». Mentre Orgoglio napoletano la butta sulla recriminazione antirisorgimentale e osserva: «Traditori come quei Napoletani che accolsero Garibaldi e si vendettero al nord!». Moltissimi poi quelli che annunciano di essere stati clienti ma di aver bruciato (o peggio) le cravatte dopo aver visto Marinella con Salvini.

Per il leader leghista, malgrado la nuova linea nazionalista che ha archiviato la Lega nord, Napoli resta terra ostile.

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