Renzi pensa già al rimpasto tra litigi, riforme e decreti

Il premier torna a Roma per preparare il prossimo Consiglio dei ministri. Sul tavolo giustizia, scuola e Sblocca Italia ma anche la difficile scelta del sostituto della Mogherini

Renzi pensa già al rimpasto tra litigi, riforme e decreti

Ripartire, e pure di gran carriera visto che l'Italia ha un bel po' di strada da recuperare e in molti ci stanno col fiato sul collo. Oggi si apre la settimana post-ferie, e il premier torna a Roma a preparare il primo Consiglio dei ministri della ripresa e a richiamare tutti all'ordine.

In agenda per il 29 agosto una sventagliata di provvedimenti ambiziosi, a cominciare dalla riforma della giustizia, cui ha lavorato pazientemente tutto il mese il Guardasigilli Orlando: si comincia con lo «snellimento» del processo civile, e con un dl per smaltire i pesanti arretrati. Poi c'è lo «Sblocca Italia», un «provvedimento ambizioso per mobilitare 43 miliardi di risorse già disponibili e che si occuperà anche di efficienza energetica, reti digitali e semplificazioni burocratiche», annuncia Renzi. E ancora le linee guida della riforma della scuola, che «intende andare in direzione dei ragazzi, delle famiglie e del personale docente che è la negletta spina dorsale del nostro sistema educativo».

Il giorno dopo Renzi volerà a Bruxelles per il Vertice straordinario Ue, che dovrebbe designare il prossimo Alto rappresentante della politica estera per l'Unione, e iniziare a comporre il puzzle della Commissione. Sulla candidatura di Federica Mogherini i contatti diplomatici si infittiscono. Nel governo si mostra grande ottimismo: «L'accordo è pressoché chiuso», assicura un esponente dell'esecutivo. Le ultime mosse italiane, con l'iniziativa guidata dal duo Renzi-Mogherini sull'Irak, che ha portato al vertice dei ministri degli esteri Ue di Ferragosto, promosso dalla Farnesina, e alla missione del premier a Baghdad, hanno dato nuovo smalto e credibilità alla candidatura italiana. Il sostegno francese e tedesco si è rafforzato, il fronte ostile dei paesi dell'Est Europa si è diviso, le condizioni per farcela ci sono tutte. Il premier, come si sa, è testardo e - come ama ripetere - sa tenere «il passo del maratoneta»: il 30 agosto potrebbe essere l'occasione per chiudere in bellezza un'operazione sulla quale ha sempre negato ogni ripensamento: «Non ci sono piani B, su Mr Pesc andiamo dritti all'obiettivo». Si riscatterebbe così la sconfitta di metà luglio, quando il vertice Ue di Bruxelles finì con un buco nell'acqua e un rinvio.

Ma una volta portato a casa l'incarico per Mogherini (che comporta anche la vice-presidenza della Commissione europea), si aprirà una partita domestica altrettanto irta di insidie. Come sempre, la parola «rimpasto» porta con sé molte incognite e molte resistenze. I più ostili sono quelli di Ncd, terrorizzati che un giro di poltrone porti inevitabilmente a un ridimensionamento dei suoi posti di potere, decisamente sovradimensionati dopo il bagno elettorale delle Europee. La sostituzione di Federica Mogherini non è cosa semplice, e ad ingarbugliarla ulteriormente c'è il fattore sesso. Renzi tiene molto al suo record italiano (50% di donne nel governo), e non vuole intaccarlo. Ma questo precluderebbe la soluzione politicamente più lineare: spostare Angelino Alfano agli Esteri (tanto la politica estera la fa il premier), promuovendo al Viminale, dove il leader Ncd non ha certo brillato, il solido Graziano Delrio. E risolvendo così anche il problema della sua difficile convivenza a Palazzo Chigi con l'altro sottosegretario alla Presidenza, Lorenzo Lotti. Il problema però è che Alfano non solo resiste, ma con tutta la buona volontà non può essere annoverato in quota rosa.

Stesso handicap per il viceministro Lapo Pistelli, che pure sarebbe il successore naturale della Mogherini per le ampie competenze e contatti dimostrati (è stato lui ad organizzare il blitz iracheno del premier). Si è ipotizzato uno spostamento di Roberta Pinotti dalla Difesa ma lei smentisce seccamente. E c'è chi fa il nome della new entry Debora Serracchiani. Ma come andrà a finire, confida un ministro, «lo sa solo Renzi».

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