La Roma di Marino scoraggia i turisti: meglio pure Bolzano

Nessuna città offre più bellezze artistiche ma i visitatori la evitano preferendo Milano o Firenze. Per non parlare delle grandi capitali

La Roma di Marino scoraggia i turisti: meglio pure Bolzano

«Perché il turismo funzioni è necessario che una città sia accogliente e ospitale. Roma, purtroppo, non lo è». Parola di Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi che sabato prossimo organizzerà nella Capitale un nuovo happening. Dopo la pulizia di Largo Argentina, gli operatori alberghieri capitolini si ritroveranno in Piazza della Suburra, a due passi dal Colosseo, per limitare i danni causati dal degrado ormai dilagante. «È un piccolo segnale - aggiunge - ma non ci possiamo permettere il lusso di essere inefficienti con eventi come l'Expo e il Giubileo che stanno per partire».

Ecco perché gli albergatori romani hanno preso carta e penna e scritto al sindaco Marino lamentandosi per l'ennesima volta dell'incuria nella quale versano non solo le periferie ma persino il centro storico: sporco, pieno di bancarelle abusive e di truffatori da strada. Non è né la Roma delle Satire di Orazio né quella dei Vitelloni di Fellini: è una Capitale che a 2768 anni dalla sua fondazione (ieri è stato il Natale dell'Urbe) sopravvive a se stessa.

Non sorprende che la situazione del turismo a Roma sia drammatica considerato che il settore alberghiero deve già confrontarsi con un sistema dei trasporti da terzo mondo e con un'imposizione fiscale monstre (aliquote Imu, Tasi e Tari elevatissime e una tassa di soggiorno carissima). Questi ultimi doni poco graditi offerti dalla giunta di Ignazio Marino analogamente responsabile dello stato pietoso dei servizi di nettezza urbana.

Ma che cosa rappresenta Roma nel panorama turistico globale? La Disneyland en plein air con uno dei più grandi patrimoni storico-artistici dell'umanità è in palese difficoltà. Certo, nel 2014 la Capitale ha offerto 380 milioni di pernottamenti con un incremento sull'anno precedente superiore all'1%, ma i dati totali, sebbene positivi, non fanno particolarmente sorridere gli operatori del settore. I visitatori sono stati circa 12,5 milioni con una crescita marcata di quelli domestici, cioè italiani, a circa 5,5 milioni, mentre gli stranieri sono stati grosso modo 7 milioni. Un dato che se guardiamo solo all'Italia pone Roma dietro la Provincia di Bolzano (con le sue Dolomiti) appaiandola a Milano (dove ogni anno giungono circa 7 milioni di stranieri). È chiaro che i 15,5 milioni di Parigi, i 18 milioni di Londra così come i 12 milioni di New York sono irraggiungibili, ma davvero non si può fare di più. Nessuna città offre bellezze come i Fori imperiali, il Colosseo, Piazza di Spagna e all'estero - nonostante gli scandali - Roma è sinonimo di Italia. È matematico che qualcosa non funzioni.

È il sistema-Italia, in generale, a denotare molte carenze. «Con l'arrivo dell'Alta velocità a Fiumicino e con i miglioramento dei collegamenti con la Stazione Termini le cose potrebbero migliorare», osserva Nucara, ma «la nostra speranza è che con la nuova Alitalia Roma diventi veramente centrale». Indubbiamente Parigi, Londra e New York sono hub di primo livello, ma c'è anche qualcos'altro che non funziona. «All'estero non solo i trasporti, ma anche il mondo della cultura è orientato in funzione del turismo», conclude Nucara.

Se si guarda alla tradizionale classifica di The Art Newspaper , Roma è molto lontana dall'eccellenza. È vero i Musei Vaticani sono in quinta posizione nella classifica globale dopo il Louvre, il British Museum, la National Gallery e il Metropolitan, ma - come dice il nome - fanno parte dell'enclave della Chiesa e non sono propriamente romani. Per trovare un museo italiano bisogna guardare alla ventiseiesima posizione degli Uffizi.

Insomma, anche l'offerta culturale - seppure fondamentale - non riesce a fare «gioco di squadra» con il resto. Roma è opaca anche dal punto di vista intellettuale: non sa graffiare come il Moma, non riesce a istituzionalizzarsi come il Musée d'Orsay. Una Roma abituata alla «grande bruttezza».

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