La salute può attendere: due anni per un'operazione

Le visite e gli esami specialistici sono diventati chimere Proteste per il caro-ticket e fuga dalla sanità di Stato

La salute può attendere: due anni per un'operazione

RomaSanità al collasso. Il malato più grave è il servizio sanitario nazionale. In estrema sintesi i cittadini spendono di più per avere in cambio meno servizi e di qualità inferiore. La denuncia emerge dal Rapporto Pit-Salute Sanità in cerca di cura che come ogni anno fotografa lo stato delle cose sulla base delle denunce dei pazienti e dei loro familiari raccolte dal Tribunale dei diritti del Malato (TdM) Cittadinanzattiva. Sono 24.000 le segnalazioni registrate per il 2013. Ancora una volta i disservizi peggiori riguardano i tempi. Le famigerate liste di attesa che da decenni le Regioni promettono di abbattere arrivano a due anni per un semplice intervento di ernia del disco, un anno e due mesi per una mammografia, un anno per una Tac. Questo significa azzerare la possibilità di una diagnosi precoce che rappresenta il più sicuro salvavita in caso di tumore. L'attesa eccessiva viene segnalata dal 58 per cento dei pazienti sia per quanto riguarda la diagnostica (esami) sia per le visite specialistiche e gli interventi chirurgici. Si arriva ad aspettare 8 mesi per un'ecografia o dieci per un ecodoppler.

Altro ostacolo per molti insormontabile è quello dei costi. Il 31,4 per cento degli intervistati sottolinea il peso dell'aumento dei ticket sanitari e anche dell'impossibilità di accedere ai servizi intramoenia (interventi privati, gestione pubblica) perché troppo cari. Il risultato è che tantissimi malati rinunciano alla prevenzione e alle cure.

Tra le prestazioni alle quali si rinuncia per mancanza di fondi c'è la riabilitazione. L'assistenza domiciliare per la riabilitazione in alcune Regioni in pratica è stata cancellata o ridotta all'osso tanto che il 20 per cento delle segnalazioni riguarda proprio questo settore. Quando c'è spesso è ridotta nel tempo e nei modi. Conseguenza dei piani di rientro in quelle regioni che da anni vanno avanti con i bilanci in rosso. La scure della spending qui si è abbattuta con particolare accanimento perché il criterio seguito non è l'efficacia della cura ma quello dell'entità dei rimborsi. Se una prestazione prevede rimborsi troppo scarsi allora viene inevitabilmente tagliata.

Le cose non vanno meglio neppure per la medicina d'urgenza. Il Pronto Soccorso spesso non è pronto affatto. Le segnalazioni di esperienze negative sono salite dal 40 per cento del 2012 al 47,7 del 2013.

Si aspetta troppo per il 40,7 per cento degli intervistati che però lamentano pure nel 30,9 per cento dei casi una assegnazione non chiara del codice di triage con evidenti conseguenze se un caso urgente viene considerato invece poco critico.

Anche quella che apparentemente sembrerebbe una buona notizia, ovvero il calo delle segnalazioni da parte di chi si ritiene vittima di errori medici, in realtà viene letta dagli esperti come un effetto inevitabile delle difficoltà di accesso ai servizi sanitari. Meno persone riescono ad usufruire della sanità pubblica meno denunce. In cima alle segnalazioni la somministrazione di terapie sbagliate o errori nelle diagnosi.

«Occorre ridurre i ticket scongiurando nuovi tagli al Fondo Sanitario nazionale - avverte Tonino Aceti, Coordinatore

nazionale di TdM di Cittadinanzattiva - Per il ministero della Salute le Regioni migliorano nella capacità di erogare i Livelli essenziali di assistenza mentre in realtà le difficoltà di accesso dei cittadini aumentano».

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