Gian Maria De Francesco
Roma Lo spartiacque tra le due sinistre, quella di Renzi e quella della ditta Pisapia-Bersani, è solo uno: l'economia. E se gli scissionisti del Pd e gli amanti della vecchia coalizione (Ulivo o Unione, tutti insieme purché sia) sono affezionati al dogma del «tassa e spendi», il Forum democratico che si è svolto a Milano si è segnalato per la progressiva berlusconizzazione del renzismo.
Dal palco di santi Apostoli l'ex sindaco di Milano ha rinfacciato al segretario del Pd che «abolire l'Imu sulla prima casa per tutti è stato un errore così come cancellare l'articolo 18». È toccato proprio all'avvocato meneghino giocarsi il jolly della patrimoniale che ai duri e puri della difesa del proletariato piace tanto. «Non meno tasse per tutti, chi ha di più paghi di più. Questa è giustizia sociale», ha aggiunto sostenendo che bisogna «spostare gli oneri fiscali sui patrimoni, dicendo agli italiani la verità». Ovviamente Bersani e il silente D'Alema si sono ben guardati dall'accennare minimamente all'argomento ben sapendo che le tasse fanno perdere voti. Evidentemente per Pisapia questo è un ragionamento secondario.
A Milano, invece, s'è respirata un'aria diversa. In molte videointerviste realizzate dal fattoquotidiano.it gli iscritti hanno affermato che in un ipotetico scenario post-elettorale tra D'Alema e il Cavaliere sarebbe «meglio Berlusconi» come alleato. «Con D'Alema non faremmo altro che litigare, con Forza Italia magari...», ha spiegato una militante milanese. Renzi non ha nascosto l'ambizione di voler creare «un milione di posti di lavoro» grazie al Jobs Act. Il copyright appartiene al Cav, ma lui non se n'è preoccupato. Analogamente, nelle recenti dichiarazioni pubbliche ha spesso sottolineato di voler abbassare le tasse con la prossima legge di Bilancio evidenziando come, potendo scegliere, approfitterebbe della manovra per tagliare l'Irpef.
Certo, la proposta politica renziana è ancora molto confusionaria. Da una parte si rivendicano senza enfasi le assunzioni nella scuola e dall'altra si accenna, per fare concorrenza ai grillini, a una sorta di rimodulazione del reddito di inclusione come possibilità di accedere a lavori (anche temporanei) nella pubblica amministrazione. Si tratta di un progetto la cui realizzazione costa circa 20 miliardi di euro, mentre nulla si sa di come sarebbe finanziato.
Renzi ha comunque svolto un ruolo pedagogico verso la «sua» sinistra disabituandola al dogma secondo il quale le tasse sarebbero «bellissime». Una verità di fede riproposta da quei tecnici che presso Pisapia&Co. hanno molto credito come Romano Prodi e Mario Monti che su un aumento dell'imposizione sui patrimoni più elevati fondano a tutt'oggi la loro ragion d'essere.
Ecco perché Renzi è riuscito ieri a evitare la critica dei proprietari immobiliari. «A quali patrimoni si riferisce Pisapia?», s'è chiesto il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ricordando che «quelli immobiliari sono tassati per oltre 20 miliardi».
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