Siria, la strana coppia Putin-Erdogan firma la pace

Dopo i fallimenti di Washington e Onu, la Turchia annuncia l'intesa per il cessate il fuoco

Siria, la strana coppia Putin-Erdogan firma la pace

Finché di mezzo c'erano Obama e l'Onu è stata una missione impossibile. La strana coppia Putin-Erdogan è a un passo, invece, dal traghettare la Siria verso un cessate il fuoco stabile e duraturo seguito a gennaio da colloqui di pace. Da ieri mattina le agenzie di stampa turche annunciano la chiusura di un accordo tra Ankara e Mosca capace di garantire la «pax siriana». Ed il ministro degli esteri di Ankara Mavlut Cavusoglu dà per «imminente» il cessate il fuoco seguito, a gennaio, da trattative di pace nella capitale kazaka di Astana. Ed anche i gruppi ribelli pur ammettendo la loro totale esclusione confermano le trattative tra Mosca e Ankara. A far capire che qualcosa si muoveva bastavano gli eventi di Aleppo e la calma con cui Putin ha reagito all'assassino ad Ankara del proprio ambasciatore. La sconfitta di Jabat al Nusra, la costola siriana di Al Qaida e degli altri gruppi jihadisti arroccati ad Aleppo est sarebbe stata impossibile senza il blocco degli aiuti militari e logistici provenienti dalla Turchia che per quattro anni hanno permesso all'opposizione armata di contrapporsi ad Assad e ai suoi alleati. Quegli aiuti hanno incominciato a rarefarsi, per poi interrompersi, subito dopo il fallito colpo di stato turco, trasformato da Putin nell'occasione per offrire al traballante e isolato Erdogan un accordo impossibile da rifiutare.

Un accordo basato su due architravi. La prima era la fine dell'embargo decretato da Mosca dopo l'abbattimento di un aereo russo sui cieli siriani. La seconda era la disponibilità di Damasco a far entrare l'esercito turco nei territori siriani caduti sotto il controllo dei gruppi curdi vicini al Pkk. Un'intesa che ha reso possibile la capitolazione di Aleppo Est e quei colloqui di Mosca tra Iran, Siria e Russia del 20 dicembre svoltisi nonostante l'uccisione, il giorno prima, dell'ambasciatore russo ad Ankara. Colloqui diventati il preambolo delle intese di ieri. Ovviamente ora bisognerà vedere come reagiranno Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar ovvero i giocatori abituatisi a frequentare il tavolo della roulette siriana. Per non parlare di due protagonisti di primo piano come lo Stato Islamico, insediato tutt'oggi su un quarto del territorio siriano e gli altri gruppi ribelli con gli alqaedisti di Jabat Al Nusra in testa.

Gli Stati Uniti, seppur di fatto emarginati e umiliati, potrebbero riaffacciarsi al tavolo della trattativa dopo il passaggio di poteri tra Obama e Donald Trump del 20 gennaio. Più difficile capire come reagiranno i sauditi e i qatarioti rimasti esclusi dopo aver puntato decine di miliardi sulla carta ribelle. Una carta sempre più difficile da giocare visto che il blocco dei confini turchi fa il paio con la riluttanza di Beirut e Amman a continuare ad ospitare l'opposizione armata siriana. I più in difficoltà sono però lo Stato Islamico e gli alqaidisti di Al Nusra esclusi ufficialmente dal cessate il fuoco e da qualsiasi intesa. Gli alqaidisti di Al Nusra possono contare solo su quella provincia di Idlib, a ridosso del confine turco, che rischia di diventare la loro tomba qualora Ankara li abbandonasse al loro destino.

E lo stesso vale per uno Stato Islamico che dopo l'assedio della capitale irachena di Mosul dovrà fronteggiare quello della roccaforte siriana di Raqqa guidato dalle truppe di Damasco con l'appoggio di Mosca, Teheran ed Hezbollah. Un assedio impossibile da sostenere senza le collusioni e gli appoggi garantiti in questi anni dalla Turchia di Erdogan.

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