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Quella slavina di 32.000 pagine che ci soffoca

Dopo che nelle scorse settimane aveva evidenziato la crescita impressionante del numero di leggi e altri atti normativi che regolano ogni aspetto della nostra vita, ora la Cgia di Mestre torna sul tema, pubblicando uno studio sul peso della burocrazia.

Quella slavina di 32.000 pagine che ci soffoca

Dopo che nelle scorse settimane aveva evidenziato la crescita impressionante del numero di leggi e altri atti normativi che regolano ogni aspetto della nostra vita, ora la Cgia di Mestre torna sul tema, pubblicando uno studio sul peso della burocrazia. E al fine di evidenziare il carattere spesso mostruoso dei labirinti in cui siamo costretti a muoverci, si evidenzia come le Gazzette ufficiali pubblicate lo scorso anno abbiano avuto bisogno di 32mila pagine. Va precisato che quello del 2020 non è stato un caso eccezionale, perché sono ormai alcuni anni che si assiste a questa autentica «slavina», come la chiama la Cgia. Soltanto il supplemento ordinario che si occupa degli Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale, che hanno sostituito gli studi di settore) è composto da 4.617 pagine, tra le quali il cittadino è costretto a districarsi per capire se il suo comportamento potrà essere considerato affidabile oppure no.

Da tempo, ogni parte politica tuona contro la burocrazia e l'inutile infittirsi di adempimenti. Se però non succede nulla i motivi sono chiari, anche se spesso non lo si vuole ammettere. In primo luogo l'insieme degli apparati burocratici rappresenta un parte rilevante dell'attuale assetto di potere: non solo tanti «posti fissi», ma anche una formidabile capacità di controllo sulla vita di tutti noi. Quanti criticano il peso dello Stato sull'economia non sarebbero quasi mai disposti a operare una riduzione della funzione pubblica, né auspicano una liberalizzazione di tanti settori. Se in Germania ogni modifica che ha luogo all'interno di casa propria non necessita di autorizzazione, ne discende che là tutta una serie di lavoratori pubblici non servono. Se da noi le semplificazioni non avanzano, allora, le ragioni sono evidenti. In secondo luogo, e la Cgia punta il dito proprio sulla mostruosità degli Isa, la complessità dei nostri adempimenti ha uno stretto rapporto con le necessità di uno Stato pieno di debiti e bisognoso di estrarre più risorse possibile. Il nostro girare a vuoto da un ufficio all'altro aiuta l'erario a intercettare ogni centesimo. Eppure dovrebbe essere chiaro che l'accoppiata tra Covid e burocrazia può essere letale.

L'economista Hernando de Soto sottolinea come i Paesi che hanno ampi settori di economia informale (come l'Italia) dovrebbero abbattere la complessità dei sistemi normativi e ridimensionare gli apparati amministrativi. Il sommerso potrebbe venire alla luce e l'economia rifiorire.

C'è qualcuno, tra quanti ci governano a Roma, che è pronto a raccogliere la sfida?

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