Roma Si tratta. Ovunque capiti, «senza numerini sul tavolo», secondo la vulgata del governo, ma con l'ottimismo della volontà del ministro Tria che riceve riconoscimenti personali e probabilmente è riuscito almeno a «cambiare il clima», come confermava Pierre Moscovici, commissario degli Affari economici Ue, dopo il bilaterale dell'altra notte al G20 di Buenos Aires. «Ci fidiamo l'un l'altro».
L'Europa va avanti comunque con i piedi di piombo. «La palla è all'Italia, ma abbiamo bisogno di vedere una riduzione del deficit concepita in modo credibile», spiegava Moscovici. Se nella trattativa «il tono è cambiato, ora servono azioni decisive». L'obbiettivo cui sta puntando il governo è di scongiurare in extremis la procedura d'infrazione e quindi avere il via libera a una manovra riscritta in parte. «Deve cambiare la rotta nel senso degli investimenti per la crescita», diceva Conte, che confida molto in Juncker (nel tondo). «Forse ce la facciamo», era il sospiro di speranza uscito dalla bocca di Tria dopo il bilaterale: più auspicio che stato dell'arte, a giudicare dalla prudenza degli interlocutori. Dialogo, spirito positivo, ma Moscovici non transige: «Sono un promotore della flessibilità ma essa deve essere incorporata nelle regole. Non posso e non voglio ignorare le regole». Il deficit al 2,4% «sembra essere in una non compliance severa. Non c'è tempo da perdere, sia nell'interesse dell'Italia che della Ue».
Che si attendano solo i passi concreti italiani, è confermato dalla prudenza delle dichiarazioni dei commissari Ue, finora capaci persino di provocare turbative sui mercati senza troppi complimenti. Ora invece il presidente Juncker parlava di «progressi», anche se sempre con il bastone a portata di mano: «Noi siamo con l'Italia, se l'Italia è con noi. La questione non va drammatizzata: Roma non volti spalle a Europa, non siamo in guerra». Tria e Moscovici si sono dati appuntamento la prossima settimana, anche se sarà difficile chiudere la trattativa in un solo step. «L'importante è che le misure della manovra non siano toccate. Bisogna lavorarci intorno, questa la linea del governo», spiegava Tria. Il problema resta la rimodulazione di alcuni provvedimenti, tra tagli e risparmi fino a 4,5-5 miliardi (dunque ben oltre i 3,4 miliardi di cui s'è parlato), così da spostare l'asticella del rapporto deficit-Pil verso il 2,1%. Salvini e Di Maio parrebbero finalmente determinati a farlo, per scongiurare la disastrosa procedura d'infrazione. Da un paio di giorni il capo leghista sostiene che per «quota 100 paiono esserci più risorse di quelle che servono e sono pronto a spostarle». In attesa di novità, la commissione Bilancio ieri ha ottenuto di spostare a martedì l'arrivo in aula della manovra: terminerà i lavori domenica notte.
Già lunedì, dall'Eurogruppo, potrebbe venire un segnale importante sullo stato della trattativa: se nel documento finale del vertice verrà omesso l'esplicito richiamo al debito dell'Italia, le rose potrebbero sbocciare pure in settimana.RooS
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