L'autonomia delle Regioni leghiste frenata dai grillini, la Tav osteggiata dai 5 stelle e sponsorizzata dalla Lega, il salario minimo e la flat tax, i silenzi e gli imbarazzi sulle influenze russe. Ma a spaccare la coalizione di governo per primo è stato il caso Siri. Il sottosegretario leghista alle Infrastrutture «cacciato» dal premier Giuseppe Conte su insistenze grilline per il presunto coinvolgimento nel caso di corruzione per l'eolico con l'imprenditore Paolo Arata e i due Nicastri. Siri è «rispuntato» al fianco del vice premier Matteo Salvini lo scorso lunedì al Viminale per illustrare alle parti sociali il piano del Carroccio sulla flat tax. I grillini hanno storto il naso, il presidente del Consiglio ha rappresentato i malumori della parte stellata della maggioranza: «Se si tratta di un incontro di partito, ci sta bene la presenza di Siri. Se è un vertice di governo, non ci sta bene».
Sul tavolo la questione giudiziaria, che in queste ore torna in primo piano. Con l'intercettazione della «discordia». «Gli do 30mila euro perché sia chiaro tra di noi, io ad Armando Siri, ve lo dico...». È lo stralcio dell'«ambientale» riconducibile ad Arata, imprenditore dell'eolico ed ex parlamentare di Fi, che nel settembre 2018, parlando con suo figlio Francesco e con Manlio Nicastri, figlio dell'imprenditore Vito, suo socio in affari, tira in ballo il senatore leghista, ex sottosegretario alle Infrastrutture, indagato a Roma per corruzione. La conversazione è tra gli atti depositati al vaglio del gip Emanuela Attura che ha fissato per giovedì 25 luglio l'incidente probatorio per cristallizzare (e attribuirne valore di prova in caso di processo) quanto dichiarato l'8 luglio ai pm romani dallo stesso Vito Nicastri che ha riferito del colloquio con Arata. «All'epoca stavo in carcere, era mio figlio che parlava con Arata - spiega Nicastri - E mio figlio mi ha detto che Arata avrebbe fatto un regalo a Siri se l'emendamento fosse passato. Un regalo che ritengo fosse quantificabile in 30mila euro. Arata non disdegnava di pagare. Come anche io». Le indagini del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pm Mario Palazzi sono tuttora in corso per capire se le parole di Arata siano o no millanterie, come sostengono i legali dell'ex sottosegretario. Siri che, dal canto suo, ha sempre negato qualunque coinvolgimento. Per il reato di corruzione l'ordinamento giuridico prevede che sia sufficiente la promessa, al di là del fatto che si sia concretizzata o meno.
La novità che emerge dalla Procura è che il tentativo avrebbe delle conferme. Nicastri, considerato dai pm di Palermo vicino a Cosa Nostra, da alcune settimane ha iniziato a collaborare con gli inquirenti e ai magistrati romani ha ammesso di aver saputo dal suo socio in affari della promessa di tangente diretta a Siri in cambio di alcuni emendamenti da inserire in provvedimenti normativi.
Anche il figlio Manlio che, sentito dai pm della Capitale, ha confermato la versione del padre. «C'ero pure io quella sera - ha detto - Siri non è stato pagato, ma Arata mi disse di avergli promesso 30mila euro se l'emendamento fosse passato». Pure lui sarà sentito giovedì, alla presenza del gip.
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