Fausto Biloslavo
Paolo Quercia, analista di politica internazionale e genero di Jorg Haider, il leader carinziano scomparso, che per primo ha lanciato la rimonta nazionalista, risponde dall'Austria sulle presidenziali al fotofinish.
Il candidato nazionalista veniva dato per favorito, ma ha perso, seppure di misura. Come mai?
«Non è riuscito a scrollarsi di dosso l'etichetta dell'ultradestra. È stato molto umile e sostanzialmente moderato, ma su di lui ha pesato la linea di Heinz-Christian Strache (il capo del partito nazionalista Fpo ndr), che a molti austriaci non piace. Anche il fatto che sia il governo di sinistra al potere, che il candidato dei verdi eletto presidente abbiano adottato una linea più dura sull'immigrazione, ha limitato i danni».
Alexander Van der Bellen è il nuovo presidente austriaco per soli 31mila voti. Una vittoria di Pirro?
«Sono elezioni storiche per l'Austria che ha visto al ballottaggio due candidati abbastanza moderati, ma espressione di partiti di estrema destra e di estrema sinistra. Il centro e la sinistra tradizionali sono implosi. Di solito erano i due partiti che decidevano a tavolino il nome del presidente della Repubblica. Un austriaco su due non crede più nella grande coalizione democristiani-socialisti. E soprattutto l'Austria è spaccata a metà sull'Europa».
L'immigrazione era uno dei temi cardine della campagna elettorale. Le distanze fra i candidati si sono avvicinate?
«È stato il vero tema della campagna. Poche settimane prima del voto un keniano, irregolare in Austria dal 2008, ha ucciso a sprangate una passante al Brunnenmarkt di Vienna. Un fatto che ha scosso molto gli austriaci. Anche se il presidente austriaco non ha poteri in materia di immigrazione può sciogliere il parlamento a suo piacimento ed indire nuove elezioni. Un ruolo tutt'altro che protocollare».
È vero che il nazionalista Norbert Hofer ha ottenuto molti consensi fra gli operai ed in fasce impensabili?
«In parte sì. E probabilmente anche i voti di molti immigrati. A Vienna, dove Hofer ha perso, l'Fpo ha ottenuto i risultati più bassi nei quartieri VIP ed il 51% nel quartiere di Simmering, abitato da molti immigrati della ex Jugoslavia e della Turchia. Difendono lo stato sociale che hanno conquistato dai nuovi migranti».
La rinascita dei nazionalisti è erede del sasso nello stagno lanciato a suo tempo da Jorg Haider in Carinzia?
«Chissà. In parte sì, ma in parte è il suo tradimento. Quando è morto stava lavorando ad un partito ponte tra destra, centro e sinistra, che ora non esiste più. Sicuramente Haider è stato il politico che ha rotto il sistema partitocratico austriaco. Da questo punto di vista, una specie di Marco Pannella danubiano».
Che ruolo hanno avuto le uscite revansciste sull'Alto Adige di Heinz-Christian Strache?
«Hanno contribuito ad alzare la tensione, visto che quel confine era già al centro della crisi tra Italia e Austria. Forse gli ha fatto prendere qualche voto di più in Tirolo, ma non credo che abbia aiutato Hofer nella sua corsa a presidente. Anzi».
Nel 2018 l'Austria andrà al voto politico. Continuerà la rimonta nazionalista?
«I sondaggi danno l'Fpo come potenziale primo partito. Però se non sviluppano un potere di coalizione sono destinati a restare fuori dal sistema di governo. Ma forse è quello che alcuni nazionalisti desiderano».
Per l'Italia che riflesso può avere il voto delle presidenziali austriache?
«Credo che spingerà ancora di più alla chiusura sulle politiche migratorie, almeno per i prossimi due anni, fino alle elezioni politiche».
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