Venti potenti, un solo nemico: Putin

Al G20 di Brisbane, tensioni su Ucraina e sanzioni con Cameron, Obama e Merkel. E lo zar minaccia di lasciare il vertice

Venti potenti, un solo nemico: Putin

Vladimir Putin continua a essere il protagonista in tutti i sensi dei vertici internazionali. Al G-20 australiano di Brisbane ha di nuovo dominato la scena dopo gli incontri-scontri con i leader mondiali. È stato un summit caratterizzato ancora una volta dalle tensioni tra Mosca e i Paesi occidentali sulla questione ucraina e il presidente russo non ha per niente gradito il clima di ostilità che lo ha accolto, tanto che sono girate le voci di un suo abbandono dell'Australia prima del termine dei lavori del G-20. Ipotesi subito smentita dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, il quale ha precisato che «il vertice finirà domani e Putin lo lascerà sicuramente quando tutti i lavori saranno terminati». L'unica cosa certa è che oggi salterà il pranzo ufficiale dei leader.

Che il clima fosse incandescente lo si è capito subito. Il padrone di casa, il premier australiano Tony Abbott, aveva fatto sapere che «lo avrebbe preso di petto», non nascondendo la sua irritazione per le esercitazioni della marina militare russa a poca distanza dalle acque territoriali, proprio durante il summit. Alla cerimonia iniziale dei saluti, poi, è stata la volta del premier canadese Stephen Harper, il quale avrebbe detto a Putin: «Ti stringo la mano, ma ho una sola cosa da dirti: vattene dall'Ucraina». Più pacata, ma altrettanto dura la cancelliera tedesca Angela Merkel che ha paventato l'ampliamento delle sanzioni europee. «La situazione attuale non è soddisfacente - ha rilevato -. Al momento è in agenda l'inserimento di altre persone» nella black list . La decisione sarà presa nell'incontro di domani a Bruxelles.

Ma l'attacco più deciso contro Putin è arrivato dal presidente americano Barack Obama che ha definito la politica russa «una minaccia per il mondo». Il leader della Casa Bianca ha rivendicato il ruolo degli Stati Uniti, come sola superpotenza, che guida l'opposizione della comunità internazionale «all'aggressione russa» contro Kiev. «Una minaccia per il mondo – ha sottolineato Obama -, come abbiamo visto nello sconvolgente abbattimento del MH-117», il volo della Malaysia Airlines precipitato nell'Ucraina orientale con 298 persone a bordo nel luglio scorso. Insomma, le relazioni tra Washington e Mosca sono più che tese. Dopo l'incontro tra Putin e Obama, il viceministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov ha affermato che non vi sono state svolte o miglioramenti dei rapporti russo-americani. «Qualsiasi contatto ai massimi livelli è importante – ha detto Ryabkov -. Tuttavia affermare che abbiamo una nuova prospettiva riguardo alla normalizzazione delle relazioni bilaterali non corrisponde al vero. E la responsabilità della stagnazione dei nostri rapporti è completamente colpa degli americani».

Putin ha avuto anche un difficile incontro di 50 minuti con il premier britannico David Cameron, che a sua volta ha minacciato nuove sanzioni. È stato un duro faccia a faccia a margine del summit, dal quale è emersa tutta la distanza che separa i due leader e i rispettivi Paesi. «Il primo ministro è stato chiaro all'inizio del confronto sull'Ucraina, dicendo che siamo a un bivio e che bisogna scegliere dove andare», scrivono i media britannici citando una fonte di Downing Street. «Si può seguire la strada degli accordi di Minsk e vedere se ci sarà un miglioramento dei rapporti. Oppure le cose possono evolvere in maniera molto diversa nelle relazioni tra Russia e Regno Unito, Europa e Stati Uniti». Una minaccia neppure tanto velata. Il Cremlino, dal canto suo, getta acqua sul fuoco. In un comunicato, dopo l'incontro tra i due leader, si afferma che Putin e Cameron hanno espresso l'interesse comune a «ripristinare i rapporti tra Russia e Occidente e ad adottare misure efficaci per risolvere la crisi in Ucraina».

Ma il vertice del G-20 è stato anche l'occasione per bacchettare la Cina. In un discorso all'università di Brisbane, Obama ha lanciato un chiaro messaggio a Pechino, protagonista di dispute territoriali con il Giappone e il Vietnam. Il presidente americano ha evocato «i pericoli che potrebbero minacciare i progressi registrati in Asia» e ha puntato il dito contro «le dispute territoriali che minacciano di degenerare in conflitti».

«Noi – ha aggiunto Obama – pensiamo che le nazioni e i popoli abbiano diritto di vivere in sicurezza e pace, gli Stati Uniti sono impegnati a lavorare con gli alleati in Asia per impedire il bullismo delle nazioni più grandi e potenti ai danni delle altre».

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