Vianello, vittoria sull'ictus «Il mio anno senza parole»

Il giornalista Rai racconta il malore che gli ha impedito di parlare: «Scrivere è la mia terapia»

Manila Alfano

Quando si è svegliato Andrea Vianello non poteva più parlare. In mente aveva tutto quello che doveva dire e invece dalla sua voce uscivano solo suoni confusi. Un incubo. «Neppure dire il nome dei mie figli». La rivelazione choc arriva quasi un anno dopo da quel 2 febbraio quando il giornalista Rai si risveglia dopo l'operazione d'urgenza.

Il panico e lo sconforto insieme. La paura e la voglia di gridare e invece la confusione e le vertigini. È lui che racconta: «Ho avuto un ictus, ho subito un'operazione d'urgenza, e quando mi sono risvegliato non riuscivo più a parlare. Proprio io, che sapevo solo parlare. Questo libro è stata la mia terapia e la mia speranza». Lo spiega così, con un messaggio su Twitter il giornalista Rai, Vianello, mostrando la copertina del libro «Ogni parola che sapevo», in uscita il 21 gennaio per Mondadori, in cui racconta per la prima volta la drammatica vicenda. Da allora Vianello, ex direttore di Rai3 e già conduttore di diverse trasmissioni del servizio pubblico, non è più comparso in tv ma ha continuato a commentare l'attualità dai social network.

«La vicenda che Andrea Vianello si è deciso a raccontare - si legge nelle note di copertina - è la storia di un ictus, del suo ictus. Nel caso specifico si è trattato di un'ischemia cerebrale che ha colpito il lato sinistro del cervello, causata da una dissecazione della carotide. Una brillante operazione d'urgenza, nonostante una gravissima complicazione sul tavolo operatorio, è riuscita a tenerlo nel mondo dei vivi, ma nulla ha potuto rispetto al danno che si era già propagato: di colpo le sue parole erano perdute. O meglio: nella sua testa si stagliavano chiare e nette come sempre, ma all'atto pratico uscivano in una confusione totale, fonemi a caso, ingarbugliate e incomprensibili. Una prospettiva terribile per chiunque, ma ancora di più per lui, che delle parole ha fatto un'identità e un mestiere, quello di giornalista televisivo. «Ogni parola che sapevo» è un viaggio in un inferno molto diffuso, l'ictus e i suoi danni, che a volte presenta un percorso terapeutico e riabilitativo che non esclude il ritorno. Questo libro racconta e dimostra che le parole che Vianello sapeva sono state in qualche modo tutte recuperate. Ma l'aspetto interessante, che fa della sua testimonianza una storia da leggere, è che a quelle che già sapeva Vianello ne ha aggiunte di nuove. Le parole che raccontano il calvario personale di chi scopre la sua vulnerabilità fisica, quelle che descrivono la brutta sensazione di ritrovarsi esposto in poche ore dai riflettori di un studio tv ai meandri inestricabili della sanità pubblica.

Quando l'anno scorso la sua trasmissione calcistica Rabona, su Raitre, fu sospesa, in molti appassionati non capirono il motivo: «Ho subìto un infortunio», disse Andrea Vianello, nipote del cantante Edoardo e cugino del compianto Raimondo. «Ero diventato di colpo un giornalista televisivo che non sapeva parlare». Oggi quelle parole sono tornate, nuove, rigeneerate. Per insegnare a tutti qualcosa.

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