Cronache

Vicenza, killer "innocuo" per i giudici

Così Vasiljevic è stato scarcerato. Il compagno della vittima: "Considerato uno a posto"

Vicenza, killer "innocuo" per i giudici

Più che rabbia, c'è amarezza nelle parole di Daniele Mondello: «Vorrei che al funerale di Lidia partecipassero anche i magistrati e gli assistenti sociali che hanno restituito a Zlatan Vasiljevic lo status di brava persona, mentre tutti sapevamo che era un pazzo furioso. Vivevamo nell'incubo di trovarcelo dinanzi. Ma non potevamo immaginare che sarebbe arrivato a tanto».

È come se fosse morto anche lui. Mondello, imprenditore stimato che si è fatto da sé lavorando sodo, era il compagno perfetto per Lidia Miljkovic. Una sorta di meritato risarcimento sentimentale per una donna sfortunata con gli uomini, sfortunatissima con Zlatan Vasiljevic: l'ex marito trasformatosi nel suo killer. Un breve capitolo d'amore - quello tra Lidia e Zlatan - in un lungo libro d'odio.

Lidia ce l'aveva messa tutta per tenere in piedi una relazione i cui pezzi però si staccavano giorno dopo giorno; e, alla lunga, anche il «collante» dei due figli avuti insieme con un uomo violento e mentalmente instabile non è più bastato: tutto è venuto giù. Lei è stata costretta a lasciarlo. Lui ha continuato a perseguitarla. Ma il peggio doveva ancora venire.

Lo ricorda bene Daniele, condannato ora a sbattere la testa contro il muro dei ricordi. E, ogni colpo, è una ferita che si apre: «Lidia era la donna ideale che auguro a ogni uomo. Stavamo organizzando un futuro sereno. Ora cercherò di viverlo con a fianco i figli di Lidia, rimasti orfani. Già prima li consideravo figli miei, adesso ancora di più». Daniele si sfoga in questura tra lacrime, dolore e accuse. Queste ultime non sono dirette a persone specifiche, ma a un «sistema» nel suo complesso. Il riferimento è a quel «meccanismo» (forse «giusto» in punto di diritto, ma incomprensibile sul piano della logica extragiudiziale ndr) che ha portato toghe e assistenti sociali a sancire la «non pericolosità» di un criminale come Vasiljevic. Prima arrestato per maltrattamenti (aveva fracassato la testa della povera Lidia), poi sottoposto al «divieto di avvicinamento alla moglie»; ma nel giro di due anni tutto è stato ribaltato, con lo stesso Zlatan riabilitato dagli stessi soggetti che lo avevano ritenuto «gravemente pericoloso»: a allora ecco la scarcerazione, ed ecco la revoca del divieto di avvicinamento.

Insomma, il mostro che si trasforma in una «brava persona». Tanto «brava» da rimanere libero di uccidere sia l'ex moglie sia l'ultima fidanzata, per poi togliersi la vita. A 24 ore dalla mattanza si è scoperto che la prima donna ad essere ammazzata è stata la venezuelana Gabriela Serrano, anche lei vittima in passato della delinquenziale brutalità di Vasiljevic: Zatlan le ha sparato un colpo alla testa, poi ha caricato il cadavere in auto dirigendosi all'appuntamento con Lidia Miljkovic; dopo aver ucciso anche lei, si è infine suicidato.

Il questore di Vicenza ha intanto riferito altri particolari sull'epilogo della strage. Gli artificieri sono intervenuti perché si temeva che nell'auto in cui è stato ritrovato il corpo dell'omicida insieme al cadavere della fidanzata venezuelana, ci potessero essere delle «trappole esplosive» (che però non sono state trovate ndr). C'erano invece due pistole e quattro caricatori. Vasiljevic aveva ancora in pugno la pistola la quale si era suicidato dopo aver trucidato Gabriela e Lidia.

La sentenza di divorzio tra Zlatan Vasiljevic e Lidia Miljkovic risale al 7 aprile scorso. L'ordinanza del giudice affidava i due ragazzi della coppia ai servizi sociali e, obbligando il padre «a corrispondere all'ex moglie le spese di mantenimento della famiglia». La sentenza di divorzio, infine, «addebitava solo all'uomo le cause della separazione».

Ma il problema non è questo: il problema è che Zatlan doveva rimanere in galera.

Punto e basta.

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