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La pornografia minorile è virtuale, ma la condanna per il pedofilo è reale

L'imputato è stato condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione: nel suo computer quasi quasi 7mila immagini e una quarantina di video raffiguranti atti sessuali tra adulti e bambini. Ma erano cartoni animati

Anche i cartoni animati, se di carattere pedopornografico, configurano un reato a carico di chi li conserva sul proprio computer. Si chiama pornografia virtuale ed è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2006. Ora a Milano è arrivata la prima condanna - a 2 anni e 2 mesi di reclusione oltre a 6mila euro di multa - a carico di un 47enne trovato in possesso di quasi 7mila immagini e una quarantina di video raffiguranti atti sessuali tra adulti e bambini che tuttavia non riproducono persone reali, ma virtuali. Il computer dell'imputato era stato sequestrato nei mesi scorsi nell'ambito di una perquisizione e sottoposto a una consulenza informatica all'esito della quale è emerso che sull'hard disk erano stati scaricati e poi cancellati 1.635 file contenenti fotografie pedopornografiche reali e condivise con altri utenti, nonché 6.990 immagini e 36 video con immagini sempre pedopornografiche, ma virtuali, raffiguranti soggetti stilizzati, ma realistici. Di qui le accuse per il 47enne di pornografia minorile e pornografia virtuale con l'aggravante dell'ingente quantitativo formulate dal pubblico ministero Giancarla Serafini, titolare dell'inchiesta. La prima, prevista all'articolo 600ter del codice penale, punisce con la pena da uno a 5 anni di reclusione chi produce materiale pornografico con la partecipazione di minorenni o lo divulga, anche per via telematica. La seconda, introdotta dall'articolo 4 della legge 38 del 6 febbraio 2006, stabilisce all'articolo 600quater 1 che le stesse disposizioni previste dal 600ter «si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni 18 o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo». Il codice penale spiega che «per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali». Secondo quanto stabilito dal consulente informatico della procura, il 47enne non avrebbe creato di persona le immagini incriminate, ma le avrebbe scaricate da internet.

Una volta rinviato a giudizio, ha chiesto di accedere al rito abbreviato, con cui ha dunque ottenuto uno sconto di un terzo della pena in virtù della celerità del procedimento. Le motivazioni dei giudici della nona sezione penale sono previste per la fine di gennaio.

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